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Cpt, Cie e altri lager

“I Cpt sono dei lager veri e propri e il ventre che partorisce questo obbrobrio, è il ventre pasciuto della nostra società occidentale.
Il clandestino è l’ebreo di oggi. Egli è ridotto a “sotto uomo” prima dalla sinistra cultura retorica “sicuritaria”, poi una legge fascista lo dichiara criminale per il solo fatto di essere ciò che è, un essere umano che ha fame e cerca futuro per sé e i suoi cari e che per questo viene privato di qualsivoglia status, sottoposto alla violenza della reclusione, sottratto alle tutele minime che spettano ad un essere umano per diritto dei nascita. Una volta sepolto in uno spazio d’eccezione, il clandestino è alla mercé di arbitrii, percosse, torture, privazioni, abusi sessuali. Il suo “rimpatrio” lo sottopone ad ulteriori brutali abusi e talora al rischio reale di perdere la vita nel modo più atroce.
(…) Dopo Auschwitz, dopo i Gulag, nessuno può essere assolto per avere girato la faccia al fine di non vedere e non sapere”.

 

Quello che avete letto non è lo sfogo di qualche politico “estremista” o di uno dei molti religiosi di trincea, davanti alle immagini di qualche giorno fa, con gli immigrati rinchiusi nel Cie di Lampedusa che venivano sottoposti a un orribile trattamento di disinfestazione contro la scabbia, nudi, in fila, irrorati dal getto dei nebulizzatori chimici. Una scena che sollecita un tragico immaginario storico, una scena che aggrava il quadro già scandaloso del trattamento riservato dall’Italia ai migranti e ai richiedenti asilo. Un quadro del quale, per usare le parole del sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, “L’Italia si deve vergognare”.

A gridare vendetta è l’intero impianto di quella che eufemisticamente viene definita “prima accoglienza”: dall’orrore giuridico di condannare a un regime di detenzione (in genere prolungata oltre le previsioni delle norme internazionali) persone che non hanno colpe (semmai lo Stato ha cucito loro addosso un reato ad hoc: la clandestinità), fino all’affidamento gestionale dei campi esternalizzato a realtà private che ci lucrano.

Da quanto, nel 1998 il centrosinistra (legge Turco-Napolitano) istituì i Cpt (centri di permanenza temporanea), poi rinforzati dal centrodestra (legge Bossi-Fini) e infine denominati Cie (centri di identificazione ed espulsione), questo approccio funzionale e ideologico securitario al fenomeno migratorio ha mostrato chiaramente di essere fallimentare e disumano. I fallimenti si misurano nelle sofferenze dentro i luoghi di detenzione ma anche nelle decine di migliaia di cadaveri inghiottiti dal Mediterraneo tra l’Africa e l”Italia negli ultimi vent’anni.

Fra i pochi politici che in questi giorni si sono veramente messi in gioco per denunciare lo scandalo c’è il deputato del Pd Khalid Chaouki, di origini marocchine, che si è barricato nel Cie dell’isola siciliana: un apprezzabile gesto di onestà intellettuale che peraltro accentua il contrasto con l’ipocrisia, la connivenza e l’inazione di buona parte del mondo istituzionale.

Ma torniamo al virgolettato iniziale e sveliamone la parternità: quelle riflessioni dure e indignate sono di Moni Ovadia, ma non si riferiscono ai fatti di questi giorni o dei mesi scorsi. Sono tratte dalla prefazione al libro “Lager italiani” di Marco Rovelli, edito da Rizzoli nel 2006, frutto di un lungo viaggio dentro un fenomeno che fa a pugni con l’idea occidentale di libertà. Un fenomeno deleterio del quale da oltre un decennio molte voces in deserto chiedono la cancellazione.

Eppure in questi giorni, di fronte alle immagini rubate delle disinfestazioni, la gran parte dei politici e degli opinionisti sembrava cadere dal pero. Ma non potevano non sapere.

zenone sovilla

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