[riceviamo e volentieri pubblichiamo]
La Commissaria europea per il Commercio, Cecilia Malmström, ha reso pubbliche le correzioni all’ISDS (Investor to State Dispute Settlement), clausola richiesta a gran voce dalle lobby dell’industria transatlantiche fin dalle prime battute del negoziato TTIP. L’ISDS consente il ricorso a corti di arbitrato internazionale da parte di gruppi privati, qualora vedessero i propri investimenti messi a rischio da provvedimenti cautelativi varati dai governi in USA e UE.
“Solo fumo negli occhi per far passare uno strumento rischioso e inutile”, secondo la Campagna Stop TTIP Italia, coalizione di più di 250 organizzazioni e 50 comitati locali che si oppone al trattato transatlantico.
Considerato che “la possibilità di scelta consentirà solo agli investitori esteri di aggirare la giurisdizione nazionale. Con la paradossale situazione che mentre le imprese estere potranno riferirsi sia alle corti giuridiche convenzionali che all’arbitrato, quelle locali e nazionali potranno fare riferimento solamente a corti convenzionali, creando la paradossale condizione di un vantaggio competitivo per le aziende estere”.
Inoltre “L’ISDS resterà uno strumento unidirezionale, ad uso e consumo dei privati. Un sistema in cui lo Stato può soltanto difendersi”.
Il Governo italiano ha deciso di sostenere apertamente il meccanismo ISDS, una posizione paradossale, considerato che il nostro Paese uscirà dal Trattato sulla carta dell’Energia a seguito dei ricorsi da parte delle aziende che avevano investito nel fotovoltaico. Una posizione da “due pesi due misure”. D’altra parte l’Italia non è l’unica nazione a fuggire l’ISDS: Indonesia e Sudafrica, per citarne altre due, nel 2014 hanno rescisso accordi bilaterali con Olanda e Germania.
Ma aldilà di tutto, il concetto sostanziale è che non serve un arbitrato di tutela per gli investimenti, soprattutto per due Paesi, come Stati Uniti e Unione Europea, che hanno una giurisprudenza ben funzionante e assolutamente in grado di tutelare gli interessi delle imprese, senza per questo indebolire le tutele e i diritti collettivi. Oltretutto nel pieno rispetto dell’equilibrio dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario). A meno che il Governo italiano non ritenga di essere poco affidabile nel garantire legittimi diritti alle imprese che scelgono di investire nel nostro Paese.