Giorgio era un caro amico. Una persona sempre mossa dall’empatia verso l’Altro e dal desiderio di comprendere anche i risvolti più complessi delle vicende umane.
Le ingiustizie sociali, le guerre, la crisi ecologica, l’immigrazione e molto altro.
Un giorno di fine marzo di lui non abbiamo più avuto notizie. È uscito dalla sua abitazione di Trento e non è più rientrato. Qualche giorno dopo è stato ritrovato purtroppo senza vita, vicino a un sentiero nel Bosco della città. Aveva 59 anni.
“Il monito della ninfea” è un libro di Diego Cason e Michele Nardelli, frutto di un anno di incontri ai vari angoli delle Dolomiti, dopo il disastro della tempesta Vaia (autunno 2018). Il sottotiolo è eloquente: “Vaia, la montagna, il limite”. L’evento atmosferico catastrofico, i cimiteri di alberi sulle montagne, le settimane di emergenza per molte comunità dolomitiche, i blackout, le infrastrutture disastrate. Un monito sui rischi del nostro allontanarci dalla natura. Una seprazione di cui sono epicentro e simbolo le grandi aree metropolitane di pianura che impongono il loro modello energivoro e minacciano anche le zone marginali, in questo caso le Alpi, viste come un serbatoio di risorse naturali, un parco divertimenti “selvaggio”, un alibi naturalistico per compensare nella rappresentazione pubblica la devastazione cementificatrice delle grandi pianure iper-urbanizzate (in Veneto la gran parte del territorio sotto tutela ambientale si trova in provincia di Belluno, nel resto della regione nei decenni c’è stata una corsa al consumo di suolo). Ne abbiamo parlato con uno dei due autori, il sociologo bellunese Diego Cason, nella puntata di Voci dalle Dolomiti andata in onda martedì 4 febbraio 2020 in Fm streaming a Radio Cooperativa. Ecco la versione podcast.
La legislatura appena avviatasi faticosamente, in uno scenario politico a tratti grottesco, potrebbe forse riaprire il capitolo delle autonomie, compresa quella richiesta da vari decenni dall’area alpina di Belluno (e ribadita nel referendum provinciale dell’ottobre scorso). (altro…)
L’oncologa Patrizia Gentilini, il pediatra Leonardo Pinelli, la nutrizionista Renata Alleva: sono alcune delle voci autorevoli che descrivono l’inquietante riflesso sanitario del modello agricolo dominante, quello intensivo nel quale si fa un uso massiccio di pesticidi.
A Trento, nella sala grande del cinema Astra gremita di pubblico, lo scorso 17 aprile è andata in scena la première del docufilm “Pesticidi, siamo alla frutta” (sottotitolo “Biancaneve non è sola”) di Andrea Tomasi, giornalista dell’Adige, col quale ha collaborato per la parte tecnica l’amico e collega Leonardo Fabbri.
Si è parlato di nuovo della rivendicazione autonomistica in provincia di Belluno, martedì scorso, 10 gennaio, a Voci dalle Dolomiti, sulle frequenze Fm di radio Cooperativa. Ecco il podcast della trasmissione, con l’intervista ad Andrea Bona, vicepresidente del movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard) e con il costituzionalista Daniele Trabucco.
Bona esamina sia la prospettiva del referendum veneto sull’autonomia regionale («da sostenere ma non è quella la soluzione per il Bellunese») sia la necessità di ritrovare un canale di collaboraziones erie con Trento e Bolzano, dopo il brusco raffreddamento dovuto alla decisione della classe politica di maggioranza nelle due Province autonome di sostenere senza riserve la riforma costituzionale del governo Renzi, malgrado l’impronta centralista ai danni di Regioni e Province, solo perché non toccava gli Statuti speciali.
La prospettiva ideale, secondo il Bard, per dare un assetto istituzionale capace di affrontare la crisi dela provincia alpina bellunese è una forma forte di autonomia, possibilmente nel contesto di una nuova Regione dolomitica con Trento e Bolzano.
Questo è un giro piuttosto impegnativo in mtb che attraversa un paio di volte il confine montuoso fra Trentino e Bellunese. In totale circa 90 km (una quindicina su sterrato) e 2.000 metri di dislivello. L’anello disegnato è piuttosto inconsueto e tocca la Valsugana, punto di partenza, passando da Grigno, poi sale verso il Tesino a Celado, quindi nel Bellunese ad Arina, Lamon, San Donato, di nuovo in Trentino al passo Brocon e rientra in Valsugana via val Malene, Pieve Tesino, Strigno.
La partenza è stata da Borgo Valsugana Trento) sulla ciclabile verso Grigno (263 m. slm).
Da qui sulla strada del Murello fino alle porte di Castello Tesino (871 m.) e bivio a destra verso Celado, cima Campo Arsiè (Belluno). Dopo alcuni chilometri di salita anziché proseguire verso il valico di Cima Campo, bivio a sinistra per Arina (Lamon) a quota 1.200 circa.
Qui dopo pochi chilometri si affronterà in discesa un primo tratto sterrato su una stradina che tornerà asfaltata al confine provinciale con Belluno, per poi raggiungere il paesino di Arina (800 m) e proseguire in giù fino a fondovalle, quando si attraverserà un ponticello (il punto più basso a circa 450 m. dunque la perdita di quota è notevole) e si girerà a destra riprendendo quota verso Lamon e si salirà successivamente a sinistra verso il centro per girare poco dopo di nuovo a sinistra verso la frazione di San Donato (900 m.) dalla quale parte la stradina verso passo Brocon (bivio a sinistra con segnaletica evidente).
Inizialmente asfaltata, questa via diventa presto una carrareccia piuttosto larga ma dal fondo ghiaioso e a tratti parecchio mosso, che richiede quindi una certa familiarità tecnica con terreni non regolari e poco aderenti. Dopo circa 15 km, piuttosto impegnativi, si arriva allo scollinamento, riattraversato il confine provinciale, spuntando dalla stradina di fronte all’abergo Pizzo degli uccelli (passo Brocon, quota 1.616, il punto più alto toccato nel giro).
Da qui si prosegue verso ovest sulla strada asfaltata, in direzione degli impianti da sci, ma poco prima del piazzale si imbocca a destra la stretta stradina per la val Malene, seguendola in giù, facendo attenzione per le numerose curve e il fondo non sempre perfetto. In vista di Pieve Tesino si seguirà il bivio a destra evitando un piccolo dislivello e spuntando sulla provinciale quasi in prossimità della sella per poi proseguire la discesa verso Strigno e Borgo.
Per chi volesse rendere meno impegnativo il percorso evitando in salita la lunga mulattiera da San Donato al Brocon è consigliabile invertire il senso del giro.
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