Ci aspettavamo una partita equilibrata e densa di tensione agonistica. Invece la Serbia ha mandato in tilt gli azzurri e non c’è stato verso di uscire dalla buca.
A Torino, nella prima delle due gare di qualificazione di Final Six (in semifinale le prime due del gironcino a tre), la Serbia mette in scena uno spettacolo perfetto, sotto la guida del coach Nikola Grbc, un maestro del volley che per anni avevamo applaudito come regista nei top club italiani.
Dall’altra parte della rete un’Italia contratta e via via sempre più nervosa in questa fase conclusiva dei Campionati mondiali.
Il primo set se ne va senza storia: 15-25.
La Serbia è concentratissima in ogni reparto. Forza il servizio senza sbagliare troppo. Difende di tutto e di più. Attacca trovando una pallida resistenza azzurra, il sistema muro-difesa barcolla.
Atanasijevic e compagni collezionano ben cinque ace e sbagliano sei servizi su 25. Per gli azzurri zero ace e 4 errori su 14 servizi. Se a questi numeri si affiancano il 35% italiano e il 63% serbo di efficacia in attacco la fotografia del match si fa abbastanza nitida.
Ma capita di “steccare” un primo set, specie se gli avversari partono a tutto gas – mi dico – e mi preparo a un secondo parziale più equilibrato, con un fisiologico calo serbo e con l’Italia che arriva almeno alla consueta velocità di crociera.
In effetti qualche lampo di reazione c’è. In campo a tratti c’è una parvenza di quell’equilibrio prevedibile in una partita come questa. Zaytsev mette giù un ace.
Ma per gli azzurri tutto sembra maledettamente complicato e il pubblico torinese si scalda solo a sprazzi (ci saremmo aspettati un po’ più di calore nei lunghi momenti bui).
La Serbia raccatta qualunque pallone si aggiri suo suoi nove metri (battute in spin, flot, pallonetti, schiacciate a tutto braccio, palle piazzate: non cade niente), mettendo in mostra tecnica, attitudine, generosità infinita e un po’ di fortuna (cercata e meritata come dev’essere in questo sport).
Il che sembra innervorsire Giannelli e compagni, con conseguente calo di lucidità e eccesso di foga. Come noto, al contrario, la pallavolo è uno sport che premia i nervi saldi e la pazienza.
L’ingresso di Baranowicz al palleggio (mossa ripetuta nel set successivo) non modifica il quadro clinico,.
Finisce 25-20. Per i serbi tre ace (e quattro errori al servizio), per l’Italia uno (e sei errori). In ricezione il team di Grbc segna un buon 60%, l’Italia traballa al 40% di positività. In attacco numeri più equilibrati del set precedente (46% contro 38%) ma gli azzurri scontano tre errori gratuiti.
Siamo all’ultima spiaggia. In avvio il terzo set sembra presagire a un cambio di marcia azzurro e a un prevedibile calo serbo. Invece niente. Si resta sui binari dei set precedenti. Con i serbi che spesso appaiono incontenibili. Eppure – mi dico – sono quasi tutti giocatori che militano nella Superlega italiana: li conosciamo bene e generalmente non li subiamo in questo modo (a parte gli show stellari di Atanasijevic nelle giornate di grazia).
Ci si attende finalmente una reazione azzurra. Magari qualche movimento in più in panchina. Ma già a metà set il solco sembra segnato e si fa via via più profondo.
Si replica più o meno quanto visto fin qui.
L’epilogo negativo è nell’aria, negli sguardi dei giocatori e nella disperazione dei time-out “motivazionali” del coach Blengini.
La Serbia chiude 25-18. Il divario in attacco torna sui livelli del set di apertura (65% contro 36%) malgrado la ricezione italiana sia migliorata facendo segnare un buon 58% di positive che peraltro non alimentano gran che i primi tempi. Ivovic mette a segno un altro ace (il quinto personale) e anche Podrascanin si concede di mettere in ginocchio la seconda linea azzurra.
Che dire? Innanzitutto che Grbc ha preparato magistralmente questa partita. Dal punto di vista mentale i suoi ragazzi sono parsi granitici (poi, si sa, quando tutto fila liscio…). Tatticamente hanno preso le misure all’attacco azzurro rendendo frustranti molte situazioni, con palle difficilissime (schiacciate o battute) difese e spesso pure contrattaccate a punto. Tecnicamente si sono concentrati con efficacia sul servizio, allenandolo con l’obiettivo di inceppare l’ingranaggio azzurro.
L’Italia non è sembrata altrettanto quadrata nella valutazione dell’avversario e a tratti ha subito oltremodo anche giocatori ottimi, certo, ma non propriamente degli extraterrestri (vedi le difese mancate o le serie al servizio di Ivovic, peraltro bravo a evitare gli errori pur forzando).
Come accade di frequente in circostanze simili, anche i cosiddetti “episodi” hanno premiato la squadra che osava di più: i punti sul nastro della rete, le palle sulla linea, il tocchetto a muro eccetera.
Forse è una partita persa mentalmente, è mancato lo switch per cambiare marcia e ridimensionare l’avversario anziché consentirgli di galvanizzarsi sempre più.
Fatto sta che ieri sera quasi tutti gli azzurri sono parsi sotto tono.
Peccato, perché quest’Italia poteva giocarsela anche contro una Serbia che – se si conferma a questi livelli – può arrivare in finale.
Speriamo intanto che gli uomini di Grbc ripetano lo show questa sera contro la Polonia. Poi, domani, venerdì (alle 21.15, diretta Rai), toccherà di nuovo agli azzurri sconfiggere i polacchi e staccare così un biglietto per la semifinale.