Chi pensava che Berlusconi fosse ormai in una parabola discendente sbagliava. Anche se lui lascerà la scena, se non altro per motivi anagrafici, i danni prodotti dal suo governo restano: ha fatto rinascere il corporativismo più sfrenato e ha esaltato gli interessi individuali a tutto discapito dell’interesse generale del Paese. La riforma Gentiloni che restituisce un po’ di fiato alla carta stampata, limitando il tetto pubblicitario televisivo, e libera alcune frequenze per altre gruppi televisivi è vista da Berlusconi, amante dell’attuale oligopolio, come attentato alla libertà… personale.
E la Finanziaria, che pur con alcune contraddizioni, cerca di coniugare equità con sviluppo, è mal vista da categorie che guardano solo al proprio rendiconto e non si interessano dello sviluppo del paese, della riduzione del debito pubblico (fuori di quasi due punti dal parametro di Maastricht), lasciato in eredità dal governo di destra. Mai si erano visti alcuni imprenditori, certo i più miopi, scendere in piazza con in testa al capo dell’opposizione, anche lui imprenditore come loro, a fianco della Lega e di An, ormai lacchè del magnate televisivo.
Mentre nello stesso giorno il sindacato scende in piazza contro il capolarato e lo sfruttamento degli immigrati, frutto della legge Bossi-Fini.
Il cavaliere che è ricorso nel precedente governo ben 46 volte al voto di fiducia, pur avendo una larga maggioranza in Parlamento, grida allo scandalo se Prodi fa lo stesso e si riempie la bocca della parola democrazia, incapace di dare un minimo di libertà e di democrazia all’interno del suo partito.
Intanto, dopo dieci anni, l’inflazione cala, si ha un aumento della produzione industriale e dei consumi, mentre diminuisce l’evasione fiscale, sia pure ancora marginalmente. Nel paese in cui un maestro elementare paga le tasse alla stessa stregua di un gioielliere!
E abbiamo un minimo di credibilità in politica estera: abbiamo ricevuto ben 186 voti su 190 per il seggio nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, anche grazie alla politica equilibrata nello scacchiere mediorientale e al ritiro dei nostri soldati dall’Iraq.