La sconfitta, sia pur di misura, della coalizione berlusconiana è una vittoria della democrazia.
Occorre che la democrazia vinca anche nel prossimo referendum sulla Costituzione, per difendere la Costituzione della Repubblica Italiana così come la scrissero i fondatori del nostro ordinamento giuridico, e cancellare il golpe compiuto dal governo berlusconiano con uno dei suoi ultimi colpi di coda. E questo sarà ancora una volta compito dell’intero popolo italiano. Ed occorrerà anche un’azione parlamentare di profonda bonifica del corpus legislativo, abolendo le leggi criminali imposte in questi ultimi anni dal governo della malavita: come – un esempio fra tutti – quella scelleratissima che dà a chiunque licenza di uccidere (la recente legge 59/2006 che modifica l’art. 52 del codice penale, una legge che costituisce una vera e propria istigazione all’omicidio).
La sconfitta della coalizione berlusconiana è una vittoria della
democrazia. Non è ancora una vittoria della legalità, della pace, dei diritti umani: perchè sia anche tale occorrerà che il nuovo parlamento, e il governo che godrà della sua fiducia, compiano atti che al ripristino della legalità, alla scelta della pace, all’inveramento dei diritti umani di tutti gli esseri umani siano effettualmente ordinati: atti limpidi, coerenti e cogenti.
Crediamo che molto possa essere fatto, debba essere fatto.
Ma basti per oggi che sia stata sconfitta la coalizione berlusconiana. Questo era il compito dell’ora.
E nulla vogliamo adesso dire della coalizione cosiddetta di centrosinistra, che è stato necessario e giusto votare: cosa pensiamo delle sue leadership (entro cui pure non mancano brave e care persone), e delle ideologie e degli interessi di cui sono portatrici, ad un tempo parassitarie e vassalle, è ben noto. E non sono certo cose belle da dire.
Ma certo ci colma di gioia anche il fatto che persone amiche che molto ammiriamo, e rappresentative di esperienze che molto ci stanno a cuore, siano state elette in parlamento, e valga un nome per tutti, quello di Lidia Menapace.
Si pone oggi, a noi sembra, l’esigenza, anzi l’urgenza, che le persone amiche della nonviolenza – ereditando, unificando e inverando la coscienza e le lotte, le aspirazioni e i programmi dei soggetti sociali e del blocco storico degli sfruttati e delle sfruttate, delle oppresse e degli oppressi – escano da ogni subalternità, si liberino da ogni sudditanza e marginalità, da ogni ambiguità e confusione, da ogni irresponsabilità ed effettuale complicità con gli autori di condotte deliranti e delittuose, e comincino a porsi il problema di costruire un’alternativa politica fondata sui principi del riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani; sul ripudio nitido e intransigente della violenza e della menzogna; sul rispetto dell’altra persona, delle diverse culture e della natura; sulla scelta del disarmo integrale, del mutuo soccorso, della cooperazione fra tutte e tutti: collocandosi tutte e tutti in primo luogo alla scuola del pensiero e delle prassi delle donne.
Per porre qui e adesso l’obiettivo concreto e immediato dell’uscita dell’umanità da questa preistoria. Prima che sia troppo tardi.
La nonviolenza è in cammino.
* Peppe Sini è il direttore del Centro di ricerca per la pace di Viterbo e questo scritto è l’editoriale pubblicato nel bollettino “La nonviolenza è in cammino” numero 1263 del 12 aprile 2006.