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Fini, gli immigrati e il marketing elettorale

InterEtnica Il vicepremier Gianfranco Fini studia da premier. Punta al grande centro, prepara il post-Forza Italia, sconcerta gran parte dei suoi (nostalgici e non). Fa esercizio di moderatismo e forse anche qualche calcolo di marketing elettorale quando propone il voto agli immigrati ricevendo il plauso dei seguaci di P. F. Casini cui tuttavia potrebbe turbare il sonno nella prospettiva della corsa a occupare la posizione di vecchia mamma Dc.
Marketing elettorale, si diceva. Supponiamo che la popolazione immigrata sia tendenzialmente tradizionalista e dunque più incline a votare a destra, conservatrice o reazionaria che sia quest’ultima. Supponiamo, però, che diversamente dai suoi avversari politici, la destra sia piuttosto cattivella con gli extracomunitari spingendo così gli stranieri (quelli naturalizzati e dunque con diritto di voto ma anche gli altri) verso la sinistra, sempre accogliente. Supponiamo anche che nel quadro nazionale e internazionale diventi via via sempre meno sostenibile una chiusura a senso unico al voto degli stranieri regolarmente residenti in italia. Supponiamo anche che per una forza come AN ci sia bisogno di distinguersi e svincolarsi dall’abbraccio mortale della Bossi-Fini, un vero disastro nel marketing elettorale di esportazione.

Insomma la strategia della improvvisa illuminazione giusnaturalistica di Fini appare chiara: il partito – troppo spesso identificato con posizioni estreme – si attrezza per il grnade bacino di voto del centro moderato e così facendo coglie anche il piccione del voto moderato straniero.

Ma siccome non tutti gli studi di marketing riescono col buco (elettorale) da riempire, qualcuno potrebbe ricordare a Fini che il diritto di voto e le quote d’ingresso contigentate non sono gli unici problemim di una legislazione sugli immigrati oscurantista e criminalizzante; restano innumerevoli questioni aperte, dai ricongiungimenti famigliari alla negazione del diritto di asilo politico eccetera eccetera eccetera.

E per rimanere sul terreno elettorale, qualcuno potrebbe anche eccepire sulla limitazione dell’esercizio del voto alle elezioni amministrative, quasi che le decisioni adottate dal parlamento nazionale non riguardassero anch’esse il cittadino immigrato. Un altro capitolo è l’esercizio dell’elettorato passivo. Gli stranieri andrebbero altrettanto bene al leader di An se le loro comunità potessero esprimere anche i candidati?

In fondo, ci viene un dubbio: che tutto questo polverone serva solo a giocare al rialzo nel prossimo rimpasto nel quale An e Udc vogliono riequilibrare lo strapotere di Forza Italia e della Lega di lotta e di governo. Chissà…

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