Più che di Matteo Salvini vorrei parlare dei colleghi giornalisti che continuano a riferire le gesta del ministro senza collocarle in una corretta cornice critica.
Il capo della Lega attacca violentemente la magistratura, colpevole di aver dato corso all’obbligo dell’azione penale di fronte a un fatto gravissimo quale il blocco – prima in alto mare e poi in porto – della nave Diciotti della marina militare (guardia costiera) carica di migranti, molti dei quali minori non accompagnati e al limite delle forze.
Qui sarà utile ricordare che la legge – nell’epoca del “governo del cambiamento” – rimane ancora “uguale per tutti”, nessuno si può collocare al di sopra di essa invocando investiture popolari del tutto fantasiose.
Il signor ministro degli interni dovrebbe presiedere l’istituzione chiamata a far rispettare le leggi dello Stato.
Invece se la prende con i giudici che si occupano di accertare la presenza (o meno) di comportamenti illegali (che si tratti di tenere duecento disperati prigionieri su una nave o di restituire alla collettività finanziamenti pubblici impropriamente incassati da un partito).
Salvini avrebbe certaemente potuto affermare con forza la propria innocenza o estraneità, senza però sparare sul potere giudiziario, invece…
Ma se il signor ministro degli interni intendesse mettere in atto una guerra politica contro il sistema giudiziario (per mietere facili consensi elettorali), farebbe bene preliminarmente a dimettersi: le due cose sono evidentemente incompatibili. Tuttavia il premier avvocato Conte, al contrario, solidarizza…
Ma veniamo ai colleghi giornalisti, buona parte dei quali continuano a riferire acriticamente, senza fornire strumenti interpretativi ai lettori, le uscite di un ministro cui a quanto pare sfuggono alcuni principi costituzionali.
Ecco, sarebbe utile che la stampa ricordasse ai cittadini dove finisce il perimetro del patto sociale sancito dalla Carta fondamentale e segnalasse sistematicamente quando un esponente del governo si muove fuori da quell’ambito.
Sarebbe utile che i giornalisti fornissero importanti precisazioni quando un ministro afferma, per esempio, di essere “un organo dello Stato eletto dai cittadini” mentre “i magistrati non sono stati eletti da nessuno”.
Non mi aspetto dai colleghi una lezione di diritto costituzionale (che pure ci starebbe) ma almeno un doverosa sottolineatura: nessuno ha eletto ministro Matteo Salvini, gli elettori lo hanno mandato in Parlamento (insieme a molti altri candidati).
Non risponde al vero che “gli italiani” hanno chiesto a Matteo Salvini di sequestrare navi di migranti o di mettere in atto altri comportamenti lesivi della dignità umana: la Lega ha ottenuto il 17% dei voti espressi dalla parte di cittadinanza che si è recata alle urne.
Salvini richiamandosi al “popolo” che starebbe con lui abusa di questa investitura e travisa la realtà infarcendo la sua retorica di fandonie: sarebbe bene che i giornalisti lo ricordassero ai lettori. Sempre.
(Il problema dovrebbero porselo anche i partiti che con le loro scelte hanno portato Salvini al Viminale sapendo perfettamente come sarebbe andata a finire, ma questo è un altro capitolo)
Non mi soffermo oltre sulle innumerevoli circostanze nelle quali la stampa italiana svolge la funzione di megafono della propaganda demagogica del politico di turno, lungi dall’essere il cane da guardia o l’anticorpo della democrazia contro le derive autoritarie e plebiscitarie.
Credo che il concetto sia sufficientemente chiaro.
Mi preme, tuttavia, indugiare su un altro aspetto stucchevole delle cronache e dei commenti letti e ascoltati in questi mesi di salvinismo debordante.
Mi riferisco alla ridda di voci sui media (per esempio gli ospiti fissi di vari talk-show) che anziché lanciare l’allarme sui rischi conclamati per lo stato di diritto costituzionale, ci descrivono con ammirazione le straordinarie doti comunicative del capo leghista, che in uno show in diretta Fb apre un avviso di garanzia, si lancia in uno squallido J’Accuse contro la magistratura (che fortunatamente rimane un ordine autonomo e indipendente della Repubblica).
Che i giornalisti anziché restituire la gravità dell’accaduto si accalorino sulle capacità teatrali di un ministro fuori controllo, preoccupa almeno quanto il comportamento del vicepremier populista e di estrema destra, tanto amato dai suoi alleati cinquestelle.
Si comincia così e non si sa dove si va a finire, un cambio di rotta è urgente. Sia nei mass media sia nella classe politica che tollera questo spettacolo deprimente e questa progressiva destrutturazione di principi fondamentali dello stato di diritto.
Su questi temi, per finire, ricordo l’appello che abbiamo lanciato un paio di mesi fa come gruppo Giornalisti contro il razzismo: