L’omologazione culturale nel «non senso» come risultato del tritatutto incarnato dall’economia liberista che produce ingiustizie, umiliazioni, abbruttimento umano e guerre continue. È il messaggio forte di Ken Loach, che lo scorso mese è intervenuto a «Porrettacinema», per l’anteprima italiana del suo nuovo lungometraggio «Un bacio appassionato», da poco nelle sale Alla meritevole rassegna emiliana, il cineasta britannico ha espresso il suo pensiero, sollecitato anche dalle domande del pubblico, nel corso di tre ore di dibattito cui partecipava, tra gli altri, Giampaolo Testa, lo storico fondatore del festival del Cinema libero, un’iniziativa che nacque nel 1960 nella cittadina appenninica e poi si trasferì a Bologna negli anni ’70, cambiando pelle.
Di quella remota esperienza (che propose perle quali l’anteprima non censurata di «Ultimo tango a Parigi») ora «Porrettacinema» vuole essere l’erede legittimo e lo ha dimostrato con tre edizioni di alto calibro: la prima dedicata a Marco Bellocchio, la seconda a Francesco Rosi e quest’ultima a Ken Loach del quale sono state proposte tredici pellicole in lingua originale, comprese le versioni rimontate di «Kes», «Bread and roses» e «Carla’s song».
Il J’accuse del regista nei riguardi del mondo del cinema è tagliente: «Oggi si tratta spesso di uno spettacolo privo di messaggi, di intrattenimento vuoto, fine a se stesso. Potrebbe sembrare un caso; ma non lo è. Anche questo degrado del cinema va collocato in un processo preciso che mira alla distrazione delle menti». E il pensiero corre ai film di Loach, ai drammi dei lavoratori e dei disoccupati, stritolati negli ingranaggi della Grande Macchina e del mito del mercato e delle sue leggi. Inevitabile una domanda sulla politica del premier Tony Blair, che sulla carta appartiene alla tradizione del movimento operaio. «Nei fatti – s’indigna il regista – la socialdemocrazia rivela il suo fallimento come alternativa a un sistema economico e di potere brutale che, al contrario, asseconda e incoraggia. È difficile immaginare Blair come un socialista; tuttavia il vero problema non è tanto lui, piuttosto il modello dell’ingiustizia sociale di cui è una creatura e un complice zelante». Anche sulla guerra in Iraq Loach è un rasoio: «Inammissibile che ci sia chi declina la parola democrazia per giustificare atti utili a difendere oligarchie economico-politiche e non certo ad aiutare le popolazioni».
E il suo cinema, che nell’ultimo film rivela una certa trasformazione di tinte e di registro? «Un bacio appassionato» è la storia di un ragazzo pachistano, Casim (Atta Yaqub), e di una giovane irlandese, Roisin (Eva Birthistle), che si innamorano. E sarà un amore che si scontrerà con uno dei nodi della nostra epoca: le barriere culturali. La famiglia di lui lo ha già promesso a una cugina che deve arrivare dal Pachistan; la scuola cattolica dove lavora lei non vuol sapere dell’imbarazzante intreccio religioso. «Come sempre nella mia cinematografia mi occupo di temi che sento come miei: oggi la questione dell’incontro fra diversità è fondamentale. E anche in questa circostanza la storia è progredita via via, durante le riprese che seguono in ordine severamente cronologico la sceneggiatura». Gli stessi attori hanno accesso al copione a mano a mano, per immedesimarsi al massimo nella storia che vivono e raccontano. «Per esempio – rivela Loach – in “Terra e libertà” gli attori che impersonavano i combattenti anarchici non sapevano che i comunisti sarebbero arrivati non per affiancarli nella lotta, come si aspettavano, ma per chiedere loro di deporre le armi…».
Anche il sonoro nei film di Ken Loach è sempre rigorosamente in presa diretta. E a proposito del sonoro, a Porretta Terme il cineasta britannico ha ribadito la sua avversione – del tutto condivisibile – al doppiaggio dei film in lingua straniera: «Un vero sacrilegio».