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Senza salute non c’è lavoro

Zenone Sovilla
A volte, di questi tempi, fatte le debite proporzioni e attribuzione delle parti, pare di assistere a scene da inizio Novecento, con i lavoratori in sciopero per conquistare un minimo di rispetto delle loro vite sacrificate nel nome della produzione industriale.
È veramente desolante che nell’Italia del 2012 nodi dirimenti come la relazione tra lavoro e salute in molti casi siano ancora nervi totalmente scoperti, a causa dell’inadeguatezza delle classi dirigenti, pubbliche e private, che si sono susseguite in questi decenni.


L’altro volto di questa pochezza politica, che ha assecondato i desiderata dei detentori del potere economico e finanziario, è la devastazione dei territori, tra speculazione edilizia e scelte infrastrutturali spesso dettate da banali meccanismi mercantili (per arricchire qualcuno) e non dalla risposta a bisogni reali delle popolazioni. Sul fronte del rapporto lavoro-salute, il caso Taranto è tragicamente emblematico.

Interi quartieri di una città sovraesposti a malattie mortali, mentre larghe parti delle classi dirigenti, politiche, tecnocratiche e industriali per anni – fino agli ultimi mesi – sono parse impegnate più a minimizzare o divagare che a risolvere i problemi drammatici vissuti sulla pelle dei cittadini.

Si è arrivati, così, alle estreme conseguenze, con un sacrosanto intervento della magistratura che – davanti a un panorama di malattia e morte – ha costretto le istituzioni rappresentative a mobilitarsi.

E qui c’è da dire che per mesi uno dei principali protagonisti della scena, il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, sembrava più un ministro dell’Industria che il responsabile della tutela dei territori, dell’aria, dell’acqua, dell’ecosistema e quindi, nella fattispecie, della salute dei tarantini.

I commenti e le reazioni irritate nei riguardi dei provvedimenti della magistratura, i continui distinguo e le dichiarazioni morbide se non proprio tranquilizzanti sul quadro epidemiologico, le dichiarazioni ruvide sulla necessità di mandare avanti la produzione. Altro che conversione industriale e disegni di green economy…

Tre giorni fa, infine, dopo mesi di balbettii o di repliche scandalizzate a chi denunciava il disastro sanitario, Clini ha potuto assistere all’incontro nel quale il suo collega ministro della Salute, Renato Balduzzi, consegnava ad alcune associazioni locali il dossier epidemiologico aggiornato (fino al 2009) dello “Studio Sentieri” commentadolo così: “Emerge con chiarezza uno stato di compromissione della salute della popolazione residente a Taranto”.

I dati, per intenderci, indicano uno scostamento, rispetto al resto del territorio provinciale, dell’11% medio per tutte le cause di mortalità (+8% per le donne +14% per gli uomini); il tumore maligno al polmone presenta un +50%, mesotelioma e tumori maligni del rene +100%, alla vescica negli uomini +30%, +40% per quelli della testa e del collo, +40% del fegato, +60% per il linfoma non hodgkin. Nelle donne si evidenzia, fra l’altro, il +21% del tumore del colon.

Crescono anche le malattie dei bambini e si registra un aumento della mortalità infantile.

Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, presente all’incontro con il governo, ha precisato che in relazione a sostanze inquinanti quali gli idrocarburi policiclici aromatici e per il benzoapirene ”lo stabilimento siderurgico, in particolare gli impianti altoforno, cokeria ed agglomerazione, è il maggiore emettitore per oltre il 99% del totale ed è quindi il potenziale responsabile degli effetti sanitari correlabili al benzoapirene”.

Si potrebbe aggiungere che, mentre in questi mesi si è parlato di interventi di modernizzazione tecnologica e di risanamento per qualche centinaia di migliaia di euro, secondo molti esperti per portare quel complesso industriale al minimo impatto ambientale servono almeno 4-5 miliardi di investimenti, mentre altri 15-20 sono necessari per la bonifica della città.

Insomma, quale futuro si costruisce se alla salute (dei lavoratori e di chi li circonda) si antepone la logica produttiva? E quanto è grande il fallimento istituzionale di un’architettura democratica che contempla questi sacrifici e poi magari si straccia le vesti se a Taranto c’è un giudice?

Un altro capitolo epidemiologico della massima rilevanza riguarda ovviamente le incidenze patologiche fra i lavoratori e nella popolazione che abita vicino al grande impianto e ad altre fonti di contaminazione.

Di fronte a questi dati epidemiologici, peraltro resi formalmente pubblici dopo il via libera alla nuova Autorizzazione integrata ambientale per l’Ilva, il ministro Clini dapprima si è premurato di commentare che “è scorretto trasferire i dati che riguardano la storia sanitaria di decenni alla situazione attuale dell’Ilva”. L’azienda medesima, invece, ha sottolineato che quei dati sono “una fotografia che rappresenta un passato legato agli ultimi 30 anni e non certo il presente”. Però, lo stesso Clini – che prima di assumere un ruolo di governo è stato vent’anni direttore generale del ministero dell’Ambiente – ha aggiunto che, davanti quei dati “si impone un programma straordinario di prevenzione”.
Angelo Bonelli (presidente nazionale dei Verdi) [url=http://www.angelobonelli.it/ilva-ora-il-dramma-e-certificato-aspettare-ancora/]ha invitato il ministro Clini a dimettersi.[/url] (z. s.)

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