[ dal quotidiano Il manifesto di domenica 4 novembre 2007 www.ilmanifesto.it ]
di Alexian Santino Spinelli
Dopo il terribile fatto di cronaca avvenuto a Roma, molti giornali hanno parlato di un rom fermato per l’aggressione, di una romnì che ha denunciato il fatto e di un campo rom. A quanto pare, invece, si tratta di cittadini rumeni, e non di rom. Lo dico non per fare differenze, ma per ribadire anche in questa occasione chi sono i rom, la loro storia e la loro cultura. Troppo spazio si dà alla cronaca e nulla agli eventi culturali che pur esistono ma non sono divulgati. La popolazione Romanì, costituita da cinque gruppi principali: Rom, Sinti, Kalè, Manouches e Romanichals con le loro numerosissime e diversissime comunità proviene dalle regioni nord-occidentali dell’India (Punjab, Rajasthan, Pakisthan, Valle del Sind). Le comunità romanès sono presenti in tutti i continenti con oltre 12 milioni di persone, sono presenti in tutti gli Stati d’Europa con 8 milioni di individui e in Italia con oltre 120 mila persone. Ovviamente questi dati sono in costante aumento per l’arrivo dei Rom romeni in Italia. I rom sono anche in Romania ma non devono essere confusi con i romeni che ovviamente fan parte di un’altra popolazione. I Rom e Sinti di antico insediamento, quasi 80% sono cittadini italiani artigiani, commercianti, circensi e giostrai e vivono in condizioni più che dignitose. Quasi tutti hanno le case. La popolazione romanì, pur vivendo sparsa in tutto il globo si riconosce in una storia comune, una cultura basata sul concetto di puro ed impuro di indiana reminiscenza regolata dalla morale del dare, avere e ricambiare di una società semplice e precapitalistica, in una lingua comune che è la lingua romanì (romanì chib o romanès) che deriva dal sànscrito e arricchita via via dagli imprestiti linguistici dei popoli incontrati lungo il viaggio verso occidente. La lingua romanì non ha nulla a che vedere con la lingua romena, le lingue romanze né tantomeno con il romanesco. Ci accomuna la maniera di intendere, di fare, e di vivere l’arte, soprattutto la musica (io stesso, oltre che docente universitario, sono musicista e compositore).
Occorre sfatare uno dei falsi miti che attanagliano il mondo romanò. I Rom non sono nomadi per cultura, ma nel corso dei secoli degli eterni emigranti coatti subendo la repressione dei persiani, dei turchi ottomani e dei nazi-fascisti, la mobilità delle comunità romanès è sempre stata la conseguenza di politiche persecutorie. Molti operatori e amministratori confusi e disinformati hanno accettato di creare i campi nomadi, che in realtà rappresentano dei ghetti e una forma ripugnante di segregazione razziale, in pratica apartheid di casa nostra, dove esseri umani privati dei più elementari diritti civili, vivono in condizioni disumane con tutte le inevitabili conseguenza che vediamo.
Si rilevano gli effetti e si condanna, ma nessuno si preoccupa di rimuovere le cause che determinano la discriminazione. Gli stessi intellettuali italiani, normalmente sensibili e solidali, non riescono a indignarsi proprio perché ormai son tutti convinti che sono i Rom che per cultura vogliono vivere in queste condizioni. Nulla di più falso. Purtroppo questo favorisce le associazioni di pseudo volontariato che sui Rom fanno progetti ben remunerati autoreferenziali che avvantaggiano solo sé stessi. E’ chiaro che queste organizzazioni che in Italia hanno creato Ziganopoli non hanno nessun interesse a che la situazione cambi.
Alexian Santino Spinelli, rom abruzzese, è musicista
e docente di Lingua e Cultura Romaní.
[ dal quotidiano Il manifesto di domenica 4 novembre 2007 www.ilmanifesto.it ]