Andrea Colombo, in un lucido articolo su Liberazione di oggi, scrive che il vero asse portante della coalizione di centrodestra in Italia è la ‘cultura leghista’, che Silvio Berlusconi, con grande astuzia, ha in questi anni assecondato. Le rozze pulsioni xenofobe, il razzismo, il rifiuto della solidarietà sociale in nome di un individualismo che poggia sulla paura e sul rifiuto del prossimo sono le componenti di un’ideologia che solo nella primissima fase del leghismo fu stigmatizzata dagli intellettuali, dal ceto politico, dal senso comune. Oggi il leghismo ha dilagato, ben oltre i confini del Nord Italia e del consenso elettorale al partito di Bossi, Calderoli e Castelli. Ha ragione Colombo: non sono li liberismo dell’industriale Berlusconi o il suo ossessivo e astratto anticomunismo, il collante ideologico della destra italiana. La testa d’ariete culturale ed elettorale della destra è nella xenofobia istintiva legittimata dal leghismo, nel ribellismo cialtrone e populista del ‘popolo del nord’.
Quel che Colombo non dice, o meglio accenna appena alla fine del suo articolo, è che l’ideologia leghista è ormai diventata un punto di riferimento per fette di ceto politico che si collocano, in una geografia che andrebbe tutta rivista, sul versante opposto dello scenario.
Pensiamo all’ordinanza contro i lavavetri firmata dal sindaco diessino di Firenze, Leonardo Domenici, convinto sostenitore del nascente Partito democratico. Il sindaco proibisce a chiunque di mettersi in strada a proporre agli automobilisti il lavaggio dei vetri in cambio di un’offerta: chi contravviene alla norma rischia una pena di tre mesi. Che cosa c’è di più leghista di un’ordinanza del genere?
Si badi bene: gli stessi vigili urbani dicono che il numero dei lavavetri attivi in città non supera la cinquantina. Il Comune sostiene che ci sono stati casi di aggressione, ma per quelli, volendo, c’è la legge ordinaria. La realtà è che la giunta Domenici, sulla falsariga del sarkozismo veltroniano oggi di moda, vuole farsi notare per attivismo nel campo della sicurezza, divenuto il principale terreno di competizione elettorale. Non v’è chi non veda come 50 lavavetri a 30 semafori cittadini non siano affatto un problema importante per una città di 400 mila abitanti.
Il messaggio ha natura puramente simbolica: la giunta fiorentina vuole mostrare da che parte sta. E’ naturalmente la parte del cittadino medio – perbenista e insofferente – che non vuole fastidi e invoca repressione per tutto che non gli piace: chi fa l’elemosina, chi professa una religione diversa, chi ha la pelle scura, chi è costretto a vivere all’addiaccio o in un campo cosiddetto nomadi (che diventa “villaggio della solidarietà” nella neolingua del sindaco della capitale) e via elencando
Quel che fa specie, in tutto questo, è il tracollo della cultura democratica e di sinistra. Il sindaco di Firenze e il suo assessore-sceriffo Graziano Cioni si sono aggiunti al lunghissimo elenco dei sostenitori della tesi secondo la quale la sicurezza non è né di destra né di sinistra, fingendo di non sapere che questa tesi è da sempre un’affermazione per l’appunto di destra. E dimenticando che la sinistra, se tale vuole rimanere, deve sempre schierarsi dalla parte del più debole, dei suoi diritti e della sua dignità: nel caso specifico, deve occuparsi più del lavavetri costretto a mendicare in quel modo che del sazio e insofferente automobilista che non sopporta, più che la richiesta di pochi centesimi, la vista della povertà che ci circonda.
Di fronte a quest’ondata leghista che ha allagato la casa della sinistra, si rivela impotente anche la cultura cristiana. Gli stessi dirigenti dell’ex principale partito della sinistra, che oggi si fanno paladini del leghismo e del “razzismo democratico” (qualcuno ha dimenticato la vicenda Poverini su Repubblica?), sono gli stessi che non perdono occasione per prostrarsi di fronte al Papa e alla gerarchia ecclesiastica, sulla base della considerazione che viviamo in un paese cattolico e che la laicità è una filosofia da consegnare al passato. L’omaggio alla chiesa cattolica non significa però un’adesione ai valori del cristianesimo, che indicherebbero di aiutare il prossimo, di provare sentimenti di solidarietà verso i poveri eccetera eccetera.
È il trionfo del “leghismo democratico”.
[da www.altreconomia.it/noidelladiaz ]