Nonluoghi Archivio “Propaganda della paura, il delirio di media e politici”

“Propaganda della paura, il delirio di media e politici”

[ Tratto dal settimanale anarchico Umanità Nova n. 23 del 1° luglio 2007 ]

I giornali italiani la mattina di giovedì 21 giugno avrebbero potuto uscire con un titolo di quelli clamorosi, “L’Italia di oggi è molto più sicura di quella di cent’anni fa”. Il pomeriggio del giorno prima, infatti, il ministro degli Interni Giuliano Amato presentando il rapporto sulla sicurezza in Italia aveva rivelato che, analizzando il numero degli omicidi commessi in Italia nel trentennio 1977-2006, i dati del Vicinale confermavano il trend di netta diminuzione per questo reato, che nel periodo analizzato ha raggiunto il picco nel 1991 per poi scendere negli anni successivi. Nel 1991 furono uccisi 1.901 italiani con un tasso di 3 omicidi ogni 100.000 abitanti. L’anno scorso gli omicidi sono stati solo 621, uno ogni 100.000 abitanti, cioè un terzo di 16 anni fa. Confrontando questi numeri con le statistiche di un secolo fa, risulta peraltro che allora il tasso di omicidi era 10 volte tanto (un omicidio ogni 10.200 abitanti). Visto che, come c’è scritto in decine di manuali di storia, di statistica e di sociologia, l’indicatore principale della criminalità è il tasso di omicidi (per tutta una serie di buoni motivi, a partire dal patto che è il reato dalle conseguenze più irrimediabili e tragiche, ma anche perché è il più difficile da occultare), tutto questo dovrebbe significare che viviamo in uno dei tempi e dei luoghi più sicuri che piedi umani abbiano mai avuto la fortuna di calpestare…
Non sono, peraltro, solo gli omicidi ad essere in diminuzione. In barba a tutti gli allarmi sulla microcriminalità, nel 2006 c’è stato il numero più basso di scippi degli ultimi 30 anni, mentre anche i furti ed i sequestri di persona sono stati molto inferiori alla media del periodo. L’unico tipo di reato che ha registrato un tasso leggermente superiore alla media è la rapina, ma questo dipende dal fatto che sempre più spesso vengono classificati come “rapine” episodi che fino a pochi anni fa sarebbero stati considerati “furti aggravati” o anche azioni di protesta sociale come gli espropri o le autoriduzioni dei prezzi nei supermercati…
Naturalmente nessun giornale e nessun Tg ha messo in rilievo come nel nostro paese la “delinquenza” abbia raggiunto i suoi minimi storici e nessuno degli editorialisti che un giorno si e l’altro pure lancia i suoi strapagati strali contro gli statali fannulloni e gli sprechi nella pubblica amministrazione ha ipotizzato che quella che attualmente è una delle più potenti forze di polizia del pianeta (l’Italia per il rapporto numero degli abitanti / numero dei poliziotti è il terzo paese al mondo dopo Cipro e Kuwait che però non hanno esercito) invece che continuare a ricevere i loro lauti stipendi per fare la guardia al nulla potrebbero essere impiegati in compiti molto più utili come lo smaltimento differenziato dei rifiuti, il rattoppamento degli acquedotti, la bonifica delle aree industriali dismesse…
I media di regime hanno preferito mettere in risalto il sentimento d’insicurezza degli italiani, come d’altra parte aveva fatto lo stesso Amato durante la presentazione del rapporto. Secondo il Ministero dell’Interno, la criminalità e micro-criminalità continua a spaventare le persone anche se negli ultimi 14 ani il timore e l’ansia della gente pare si sia stabilizzata, se non addirittura lievemente calata. Nel 2005 meno del 30% dichiara di avere paura di subire un reato, e la quota corrispondente nel 1993 era di poco superiore al 30% ed oltre una persona su quattro (il 26%) si sente poco o per niente sicura quando cammina sola al buio la sera nel proprio stesso quartiere.
Com’è possibile tutta questa paura quando invece le statistiche dimostrano il contrario? Innanzitutto c’è dea considerare il ruolo dell’apparato mediatico.
Come ha sottolineato Marco D’Eramo sul Manifesto, se mentre “la violenza reale è diminuita, la percezione della violenza è cresciuta (.) questo in gran parte è dovuto alla diffusione di radio e tv: nel 1910 un omicidio in un paesetto lucano o una strage negli Stati uniti venivano riferiti solo da una notizia di giornale e con ritardo. Ora l’eccidio più remoto ci arriva in diretta, entra nella nostra casa: ceniamo con i cadaveri sul piccolo schermo, ci svegliamo con corpi inceneriti, teste mozzate.

Viviamo in un film dell’orrore e la società ci pare un horror essa stessa”. I media di regime propagandano la paura che trova un terreno facile di diffusione in una società che è sempre più impoverita (secondo una recente ricerca della Commissione Europea i redditi reali dell’80% delle famiglie italiane dal 1996 al 2005 sono scesi del 7%), sfruttata (secondo la stessa fonte i lavoratori italiani lavorano circa 1.800 ore l’anno – più di tutti gli altri paesi UE – ed i carichi di lavoro negli ultimi anni si sono intensificati in tutte le categorie e tutti gli ambiti professionali), inquinata e malata (un’indagine pubblicata nel maggio scorso dall’Espresso rivelava che sono in forte aumento in tutta la penisola i casi di tumore, in particolare di quei tipi di tumore legati a cause ambientale). Se i nazisti negli anni Venti e Trenta riuscivano a dirigere contro gli ebrei, gli zingari e gli “asociali” la rabbia dei tedeschi devastati dalla Prima Guerra Mondiale, oggi le bande leghiste e fasciste con la complicità infame della quasi totalità degli organi d’informazione, sono alla testa di tutte le campagne isteriche sulla sicurezza, mentre l’Unione è equamente divisa tra le pulsioni sbirrofile di stalinisti doc […]e i pusillanimi che riescono soltanto a dire porcherie tipo “bisogna comprendere le paure ed il disagio della gente” (quando farebbero bene piuttosto a spiegare a questa mitica “gente” che le sue paure e il suo disagio sono il frutto del lavaggio del cervello che gli hanno fatto i giornali e la tv). E le prigioni continuano a riempirsi perché anche se non ci sono più delinquenti, ci sono comunque tanti immigrati e tanti consumatori di sostanze proibite da perseguitare senza avere altra colpa che la propria origine geografica o il proprio stile di vita.
In questo contesto non c’è da stupirsi se mentre le strade diventano più sicure, tra le mura domestiche avvengano sempre più episodi di violenza: secondo l’ultimo rapporto del Viminale nel 2006 gli omicidi commessi dalla criminalità organizzata hanno toccato il minimo storico (121), mentre sono aumentati quelli originati in ambito familiare o per passioni amorose: 192. A fare le spese di questa violenza domestica sono state sopratutto le donne: nel 2006 hanno subito violenza ben un milione 150.000 donne. E le donne che nel corso della loro vita hanno subito violenze sono 6 milioni 743.000 (una su tre italiane), di cui 5 milioni di violenze sessuali. Il numero più sconvolgente è che il 62,4% di tutte le violenze sulle donne è stato commesso dal loro partner, e la percentuale sale al 68,3% per le violenze sessuali e al 69,7% per gli stupri. La violenza contro le donne è il lato oscuro dell’isteria securitaria, che non ha niente a che vedere con la percezione del pericolo, ma che trova la sua radice più profonda nella scelta cinica di offrire dei capri espiatori (che oggi si chiamano “microcriminalità”, “immigrati clandestini”, “drogati” e che nella Germania degli Anni Trenta si chiamavano “ebrei”) a chi ha bisogno di sfogare la propria rabbia contro chi è più debole perché non ha il coraggio e la forza di difendersi da chi lo sfrutta e lo avvelena.

[ Tratto dal settimanale anarchico Umanità Nova n. 23 del 1° luglio 2007 ]

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