[ da www.liberazione.it ]
Oggi, 2 novembre, Festa dei morti. Così dicono, nella nostra cultura, i calendari cristiani. Ponendo la celebrazione dei defunti in immediata e significativa sequenza con quella di tutti i santi. Su Libero Michele Brambilla si è scandalizzato in prima pagina per «l’affronto di Halloween», invocando «basta con zucche e streghe, ridateci la festa dei morti». Non è difficile intuire le motivazioni “culturali” di questa polemica da cotanta tribuna, ci evitiamo perciò la pena di riassumerle. Ma ci piace trarne lo spunto per un pro memoria. A maggior scorno degli empiti tradizionalisti del signor Brambilla. Perché l’odierna festa dei trapassati è una creatura del calendario cattolico appositamente nata per reprimere una festività ben più antica e radicata: quella del Capodanno pagano, Calenda o Samhain, che all’inverso dei moniti ecclesiali sulla “giustizia” dell’aldilà conteneva in sé un messaggio di sconfitta della paura della morte.
Questa creatura del 2 novembre ha un padre, con nome e cognome. Piuttosto altisonanti, peraltro: fu infatti Odilone di Marcoeur, detto di Cluny, ad introdurre la festività nel 998. Era diventato da quattro anni abate del maggior centro di potere religioso e culturale dell’Europa dell’epoca, l’abbazia benedettina di Cluny. Sulla scia del suo predecessore e padre spirituale, Maiolo, fu Odilone il vero riformatore dell’ordine monastico e il suo conduttore al trionfo nell’indirizzo della Chiesa, assicurato per un verso dall’alleanza coi papi e per l’altro dagli stretti rapporti con l’Impero come con la monarchia francese, remunerati dalla donazione di decine di monasteri e dalla loro esenzione dai tributi. Ha un qualche interesse la rara iconografia con cui si raffigura Odilone nelle immagini dei santi cattolici: ai suoi piedi, figure di dannati avvolti dalle fiamme. Che ricordano, guarda caso, proprio l’istituzione del 2 novembre.
Odilone prevedeva che la celebrazione culminasse il 2 con un’Eucarestia “pro requie omnium defunctorum”, per la pace di tutti i defunti, iniziando però dal vespro del primo novembre. Che a sua volta era diventato il giorno di Ognissanti ad opera di papa Gregorio III, siriaco, eletto al soglio nel 731 e durante il cui regno esplose il conflitto con l’iconoclastia di Bisanzio inducendolo a ricentrare l’asse cattolico sulle nuove frontiere dello sviluppo economico e politico dell’Occidente, tra i Franchi e in Germania, Boemia e Brittannia. Ossia i territori di più recente evangelizzazione, nei quali resisteva il “paganesimo”. Gregorio III spostò la celebrazione di tutti i santi all’1 novembre dal 13 maggio, cioè la prima domenica successiva alla Pentecoste, nella quale era stata officiata per la prima volta a Roma nel 609, ma da molto più tempo in Oriente come testimoniava Giovanni Crisostomo nel 407: e nella quale tuttora si officia tra gli ortodossi. La decisione di Gregorio rilevò un uso da tempo invalso in Francia: e che mirava, in realtà, ad assorbire e neutralizzare la pericolosa festa pagana di Calenda o, tra i celti, Samhain.
Era quello l’antico Capodanno, fra il 31 ottobre e il primo di novembre: il passaggio dai mesi caldi ai freddi, l’inizio del riposo della Dea (Pomona, per i latini) sino alla primavera oppure la morte del Dio per rinascere nella medesima stagione dal grembo della Dea stessa. Una notte magica dove la realtà sensibile si pretendeva in comunicazione con quella invisibile. Dove si mescolava la realtà “di sopra” con quella “di sotto” alla terra, feconda in superficie col caldo e nelle viscere col gelo. Perciò gli spiriti dei morti – per i celti, eternamente giovani nella landa felice di “Tir nan Oge” – venivano attirati alla festa esponendo alle finestre dolci e frutti e luci: le stesse che brillano per Halloween, contrazione irlandese di All Hallows’ Eve ossia la vigilia, “eve”, di tutti i santi, “hallow” in inglese arcaico. E brillano nelle zucche, dolci frutti della terra.
Come si vede, il sincretismo popolare ha mantenuto l’antichissimo rito sotto la coltre del calendario ecclesiale. Malgrado Ognissanti fosse diventata nell’835 festività di precetto per ordine del re dei Franchi, Luigi il Pio, su richiesta di un altro papa Gregorio, il IV, che lo appoggiò nella contesa fratricida sull’eredità del nuovo Impero di Carlo Magno dando vita alla secolare ingerenza del papato. Malgrado ciò e nonostante l’ulteriore invenzione del 2 novembre, le genti continuarono a celebrare la notte di Calenda e Samhain. La Chiesa e i potenti le perseguitarono, sorsero i nomi di “Sabba nero” e “Notte di Valpurga”, le donne che continuavano ad omaggiare la dea furono streghe, a decine di migliaia bruciate sui roghi. Ma nel Nord, in area anglosassone, ha resistito Halloween che ora è tra noi. Così come in Messico tra l’1 e il 2 si offre ancora ai morti su altari indigeni. E in Italia si è continuato ad imbandire banchetti per i defunti, o a far bussare i bambini alle porte gridando “morti! ” per ottenere dolcetti, come in Sardegna.
Per una vindice ironia della storia, poi, nell’era moderna il 2 novembre è anche un’altra ricorrenza: 1789, Rivoluzione francese, decreto dell’Assemblea nazionale per la requisizione di tutti i beni secolari della Chiesa. Amen.
[Tratto dal quotidiano Liberazione – da www.liberazione.it – del 2 novembre 2006]