Cresce la Trento che dice no all’inceneritore di rifiuti. Il prossimo appuntamento è il 6 giugno a San Michele all’Adige, alle 20.30, con il noto studioso Usa Paul Connett, con il sindaco di Montebelluna (Treviso) Laura Puppato, che vinse le elezioni opponendosi all’inceneritore, e con il direttore del consorzio Priula Paolo Contò, esperto di raccolta differenziata.
A volere il bruciatore sono la Provincia autonoma e il Comune capoluogo in società con la Asm Spa che gestisce il mega-impianto che brucia i rifiuti a Brescia. L’associazione che aggrega il dissenso, Nimby trentino, continua a promuovere iniziative di denuncia e informazione, supportata prevalentemente da Coldiretti e Italia nostra, nelle istituzioni gli alletati sono rarissimi (anche tra i Verdi…).
Della situazione trentina abbiamo parlato con Adriano Rizzoli, una delle anime principali del dissenso che sta dando filo da torcere alla potente Provincia autonoma. Come si può riassumere la genesi politica dalla questione inceneritore a Trento. Chie, come e con quali motivazioni ha sfoderato questa opzione?
È una scelta soltanto politica, imposta da una ristretta gerarchia (in salsa trentino-bresciana), ben prima di un articolato e complessivo ragionamento sulla questione rifiuti che contemplasse tutte le possibilità per una seria politica gestionale. Facendo valere la mera convenienza economica, minimizzando o negando tutti gli altri aspetti.
Inizialmente chi ha opposto resistenza?
Chi ha opposto resistenza, peraltro debole e tendente alla contrattazione, sono state alcune realtà ambientaliste locali e qualche rappresentante dell’opposizione.
E il mondo ecologista, a cominciare dai Verdi?
I Verdi, partito della maggioranza di centrosinistra, non avevano ne hanno tuttora assunto alcuna posizione contraria; solo qualche loro rappresentante ha criticato la scelta della politica provinciale.
Quando entra in gioco il vostro gruppo di cittadini, Nimby trentino?
Nimby trentino matura la necessità di un percorso di approfondimento a iniziare dai primi anni del 2000; dopo aver constatato l’atteggiamento di rinuncia e/o di sufficienza del mondo ambientalista convenzionale-istituzionale palesemente manifestatosi in occasione del mancato raggiungimento del quorum al referendum del 30 novembre 2003, ha ritenuto improrogabile e doveroso attivarsi, soprattutto per informare la cittadinanza, organizzando numerosi spunti di incontro, dibattito e riflessione.
Oggi come lavorate e chi vi supporta?
Il lavoro di gestione e preparazione delle sempre più numerose iniziative in calendario è svolto dal direttivo e da una rete, che sta crescendo sempre più, di cittadini distribuita sull’intero territorio provinciale e nazionale.
A che punto è il progetto? I tempi? La valutazione di impatto ambientale (Via)? La contro-Via?
Il progetto sta procedendo a rilento, a causa delle crescenti difficoltà della Provincia di arrangiare dei numeri che giustifichino quella scelta politica di fine secolo scorso, ormai sempre più anacronistica.
Finora come si può giudicare l’atteggiamento dell’ente pubblico nei riguardi del dissenso sulla materia?
L’iter amministrativo provinciale (aggiornamenti al piano rifiuti, presunti progetti esecutivi anziché di massima, ipotizzati imminenti appalti, seconda Via, Valutazione d’incidenza sui SIC ecc.) subisce malamente, respingendole anche con arroganza, qualsiasi valutazione critica… è il limite evidente della mancanza di qualsiasi valutazione di merito, di sostanza e di reale coinvolgimento (fiore all’occhiello della poltiica provinciale trentina, si veda anche il recente atteggiamento di indisponibilità e chiusura al confronto sul tunnel del Brennero).
Risponde al vero che numerosi amministratori comunali sono preoccupati e contrari all’impianto ma non si espongono pubblicamente (o comunque lo fanno in misura poco graffiante) perché temono di compromettere i rapporti istituzionali con la Provincia autonoma e di conseguenza di perdere opportunità di finanziamento per opere pubbliche nei rispettivi territori? Ultimamente, dopo tante voci di corridoio, qualche sindaco ha parlato chiaramente, magari per poi ritrattare nel giro di 24 ore…
Dal marzo 2004 Nimby trentino ha incontrato numerosi sindaci e amministratori trentini e quanto sta emergendo a singhiozzo in queste ultime settimane sulle indebite ingerenze da parte della Provincia corrisponde a ciò da loro confidatoci. Parrebbe la conferma di un certo “metodo” di fare politica, gestendo i contributi della collettività. Con quanta e quale etica?
Quale prospettiva vedi per la vostra lotta?
Ovviamente senza camino!
Che cosa insegna la vicenda trentina al resto d’Italia?
Che nel cittadino è riposta la possibilità e la speranza per ridare un volto alla politica, una dignità e un futuro. Deve crederlo possibile, senza delegare a chi puntualmente tradisce le sue aspettative.
Alcuni studiosi sociali anche in buona fede suggeriscono di valutare quale soluzione transitoria la costruzione di piccoli inceneritori meno costosi e più semplici da gestire (fuori da logiche di business) ed eventualmente smantellare; queste persone usano termini come “tecnologie al plasma” e “vetrificazione” per indicare processi che sarebbero meno impattanti di una discarica tradizionale, anche se la raccolta differenziata raggiunge quote del 70-80%, e non implicherebbero la necessità di depositi per scorie tossiche. Si tratta solo di una leggenda metropolitana che costoro ingenuamente hanno preso per buona?
Prima di improvvisarsi esperti di macchine e/o tecnolgismi si affrontino i nodi critici della questione rifiiuti (lasciati a se stessi da troppi decenni). Si lavori veramente per ridurre l’inutile, costosa e impattante massa di rifiuti in circolazione. Soltanto dopo aver intrapreso adeguate politiche gestionali si valuti cosa conviene fare, soppesando tutti i costi sociali, ambientali, economici e sanitari…
[z. s.]