E adesso governiamo. Niente inciuci e niente compromessi: benissimo ha fatto Prodi a smentire subito Angius dei Ds, che già voleva dividere le presidenze “istituzionali” con la destra. Governiamo così, duri, uniti un po’ dall’alleanza ma molto più dalla destra che incombe. Il giorno che non ci riuscissimo più, elezioni. È la stagione del muro-contro-muro: non siamo stati noi a cominciarla, ma c’è. Da una parte, la destra non s’è sfasciata (gli unici possibili disertori sembrano i leghisti, con la loro buffa appendice dei leghisti siciliani), dall’altra Prodi ha bloccato subito ogni ipotesi di agreement fra moderati e ha dichiarato battaglia. E va bene così.
Come faremo a stare insieme? “Moderati” e “estremisti”, Bertinotti e Rutelli, Mastella e Di Pietro? Come facevamo nel ’43. Non è più questione di sinistra e destra: oggi – con queste cifre davanti – è Comitato di liberazione. Parecchie delle cose che ora ci dividono, d’altra parte, verranno liquefatte in pochi anni dai problemi nuovi. Che incalzano a un ritmo mai prima immaginato. Protezionismo o no, contro la Cina? Ma prima – ecco il problema nuovo – c’è l’emergenza degli industriali italiani che sbaraccano qui e se ne vanno ad aprire fabbriche in Cina.
Via subito, dall’Iraq, o aspettare ancora? Ma qua ormai non si parla più di restare in Iraq ma d’invadere pure l’Iran, magari a colpa di bombe H.
Precari sì, precari no? Ma in Francia i precari hanno già spazzato via il ministro che li voleva schiavizzare. Convivere con la mafia, inciuciarsi pro bono pacis con gli amici di Dell’Utri? Ma in questo stesso momento i ragazzi di Palermo in festa stanno ballando davanti alla questura, festeggiando insieme ai magistrati communisti e cattivi la cattura – ecco come comincia il governo nostro! – di Provenzano.
Non è solo l’Italia a vincere – faticosamente – in questi giorni. Altrettanto e forse di più vince Parigi, dove uno spontaneo e “disordinato” movimento popolare riesce, nel giro di tre settimane, a nascere, a contarsi, a coinvolgere la maggioranza della società (nonostante i “casseurs”, e contro di essi), a unire sindacati e studenti e infine a vincere sul tema più importante, quello del precariato. Ecco: i problemi che dovremo affrontare domani saranno proprio questi. Su di essi la società reale, in Europa, non è più rassegnata: non tutto sarà delegato ai palazzi, non saranno facili i compromessi e gli inciuci fra i vari notabili e le varie nomenklatures.
Vinciamo infatti – di questa vittoria faticosissima, spaccata, sublimazione incruenta di guerra civile – non grazie a Fassino e Rutelli, ma nonostante loro. I Ds, in queste elezioni, vincono nettamente dove c’è ancora l’anima del vecchio “popolo comunista”; stentano altrove.
Chi ci ha portati fin qui? Cofferati, Moretti, le suorine “no-global”, il movimento per la pace… è come un Quarto Stato profondo, nato generazioni fa – Papa Giovanni, Di Vittorio, don Milani – cresciuto per fiumi carsici, di vita quotidiana, e infine emerso qui, irresistibilmente. Alla testa del corteo, spaesati e sorridenti, don Camillo e Peppone. Eh, mica l’avete cacciato voi il signor B, cari compagni Vip, margheritari e diessini, segretari e imprenditori. Se si aspettava voi… Ma ora prepariamoci a controllarvi, a tenervi le zampe addosso anche dopo. Il primo vostro manager che sgarra – pre esempio – una bella raccolta di firme e via a casa.
* Tratto dalla “Catena di San Libero”, una e-zine gratuita, indipendente e senza fini di lucro.
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