Vedo una ragione e un torto tanto nella vasta protesta islamica contro le vignette satiriche (che non ho visto) su Mohammed (nome italianizzato in Maometto), quanto nella reazione europea. La ragione islamica e’ che i sentimenti vanno rispettati, specialmente i piu’ profondi, anche quando non li condividiamo. Tali sono i sentimenti religiosi, in qualunque religione; tali sono gli affetti familiari, o l’amore per il proprio popolo o paese. Percio’, quando in questo modo veniamo offesi, dobbiamo reagire con dignita’ e non restare passivi. Si puo’ discutere con serieta’ ogni religione, teologia, tradizione e costumi, ma sbeffeggiare cio’ che per altri vale molto non e’ liberta’, ma reato contro la buona relazione umana tra persone e civilta’. Il torto della protesta islamica nasce quando si minaccia o si fa violenza fisica, perche’ la vita umana, anche di chi e’ colpevole, e’ sacra quanto tutti i simboli religiosi e gli affetti profondi. Le religioni sanno che chi ha commesso offesa deve e puo’ pentirsi del proprio male e tornare a rispettare quelli che ha offeso, percio’ al colpevole deve essere lasciata e favorita questa possibilita’: per questo la pena di morte e’ sempre un male che peggiora ogni male. Le religioni sanno che rispondere al male col male non ottiene alcun bene, ma accresce la malvagita’. Sanno che la persona religiosa invoca da Dio un animo piu’ grande e piu’ generoso, capace di misericordia e perdono verso l’offensore, pur dichiarando senza reticenze cio’ che e’ male nei rapporti umani e nel cammino umano verso la verita’. * Vedo una ragione e un torto nella reazione europea alla reazione islamica. La ragione e’ che la liberta’ di opinione e di parola e’ un diritto umano, e non deve essere impedita da censure preventive o da argomenti intoccabili. Il torto sta nel pensare che la liberta’ permetta tutto, e che non debba invece essere regolata dalla giustizia e dal rispetto dovuto ad altri. Come la liberta’ economica non e’ piu’ liberta’ umana e degna quando cerca un profitto a danno dei diritti e dei bisogni fondamentali degli altri, ma e’ rapina, cosi’ la liberta’ di parola e di critica non e’ piu’ umana e civile quando, con presuntuosa superiorita’, offende e deride cio’ che non sa comprendere. Questo atteggiamento e’ violenza mentale, radice e causa di tutte le violenze strutturali e belliche. * Le due ragioni possono comprendersi e incontrarsi, per un progresso di civilta’ e di pace. Se i due torti si accumulano nella reciproca provocazione, avanzera’ la barbarie.
* Tratto dal notiziario telematico La nonviolenza in cammino del Centro di ricerca per la pace di Viterbo.
Enrico Peyretti ha scritto questo intervento il 3 febbraio 2006 (dati i successivi drammatici sviluppi della vicenda di cui qui si parla, in questo caso la data conta).
Enrico Peyretti (1935) è uno dei maestri della cultura e dell’impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese “il foglio”, che esce tuttora regolarmente; è ricercatore per la pace al Centro studi Domenico Sereno Regis di Torino, sede dell’Ipri (Italian Peace Research Institute).