Diario immaginario – La libertà di espressione non ha bisogno della laurea
[Tratto dalla newsletter di www.senzabavaglio.info con l’avvertenza: i personaggi e i fatti riportati nelle pagine del “Diario di Piero” sono immaginari ma autentica è la realtà che li produce ]
Milano, 23 gennaio 2006 – In questi giorni ho appreso che presto soltanto i laureati potranno accedere alla professione giornalistica. Sono rimasto molto colpito perché di fatto si tratta di un mestiere particolare che, a mio avviso, si regge su principi garantiti dalla normativa nazionale ed europea, quali il diritto alla libertà di espressione, di informazione, di critica, di stampa e di informazione. Ho poi pensato che molti giornalisti, anche illustri, non possiedono la laurea. Oggi persone capaci come loro, con il nuovo sistema di accesso, sarebbero tagliate fuori. Esistono direttori, caporedattori e redattori eccellenti ma senza laurea. Molti li conosco direttamente, per esempio… ***, 38 anni, siciliano, è caporedattore di cronaca in un quotidiano regionale.
È autore di inchieste scottanti sulla mafia. Ha interrotto gli studi universitari al terzo anno del corso di laurea in Giurisprudenza, perché fagocitato fino a 14 ore al giorno dal giornale con il quale collaborava (inizialmente nel tempo libero).
***, 45 anni, direttore responsabile di un’affermata rivista femminile. Brillante studentessa di Lettere e Filosofia ha interrotto bruscamente gli studi, dopo la tragica morte dei genitori in un incidente stradale. Ha iniziato a lavorare per necessità.
***, 37 anni redattore di moda, cultura e spettacolo in un settimanale nazionale. Conosce bene cinque lingue. Ha scritto diversi libri di successo. Le mancano tre materie per terminare il corso di laurea in Scienze Biologiche. Ma preferisce trascorrere il poco tempo libero con i due figli. ***, 28 anni, caposervizio in una emittente televisiva. Ha interrotto gli studi universitari per noia. Adesso di occupa di cronaca giudiziaria e ha scritto un libro-inchiesta di successo sulla criminalità organizzata nella metropoli lombarda.
***, vice direttore di un settimanale siciliano. Ha firmato inchieste scottanti. Ha sostenuto soltanto gli esami del primo anno di Filosofia, poi ha smesso. Lo scorso anno è stato assassinato a colpi di pistola dalla mafia davanti al portone di casa. Aveva 35 anni.
***, 41 anni, caposervizio di cultura in un importante quotidiano nazionale. Non si è mai iscritta all’Università.
***, 50 anni, giornalista inviata in Medio Oriente. Lavora in un quotidiano nazionale. È un’esperta di politica estera e in particolare conosce il mondo arabo. Non è laureata.
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Anche i sassi sanno che una laurea guadagnata con sudore potrebbe diventare importante nella vita professionale. Capisco le ragioni di chi difende a spada tratta il proprio titolo di studio universitario, soprattutto quando si tratta di una grande e difficile conquista personale. Oggi per fortuna possedere una laurea è cosa piuttosto normale e non un evento eccezionale.
Le contestazioni degli Anni Settanta, tra le altre cose, hanno contribuito ad agevolare l’ingresso all’Università, soprattutto a vantaggio delle classi sociali meno abbienti. Adesso si sta tornando indietro con riforme che tendono a favorire i benestanti. Una famiglia che non naviga nell’oro torna a scegliere per il proprio figlio il percorso formativo che consente di anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro. Per diverse ragioni, ampiamente espresse in precedenti messaggi, non condivido l’obbligatorietà di possedere la laurea per accedere alla “particolare” professione giornalistica.
Non accetto neanche il previsto aggancio normativo a strutture formative riconosciute, come le scuole di giornalismo, per effettuare il necessario tirocinio. Conoscono ragazzi brillanti e laureati con il massimo dei voti che non riescono ad accedere in queste scuole. È stato scritto che l’obiettivo è di aumentare la professionalità della categoria dei giornalisti, imponendo per legge il possesso della laurea.
Ma sarà vero? Il presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi (Forza Italia), ha più volte criticato autorevoli esponenti del centrosinistra perché privi di laurea, adducendo in fondo le stesse ragioni che stanno portando all’obbligatorietà del titolo per accedere alla professione giornalistica.
Qualcuno scriverà che non esiste la professione del politico, ma sarà vero? A mio avviso si sta costruendo una strada che porterà alla creazione di nuove migliaia di “giornalisti in provetta”, spesso bravissimi nel preparare articoli tagliando, rimescolando e incollando agenzie di stampa.
Un tempo giornalista si diventava esclusivamente con la gavetta in strada e con il supporto formativo dei colleghi più anziani (e indipendentemente dal possesso della laurea).
Forse si potevano percorrere altre strade, come organizzare dei corsi di aggiornamento seri e di alta qualità a costi contenuti, in specifiche materie come cronaca nera o giudiziaria, o politica. L’importante, da quello che leggo, è soltanto possedere una laurea, magari in Agraria per poi occuparsi di cronaca giudiziaria.
Danilo Lenzo
OLTRE IL DIARIO: PIERO, VÀRDES INDERO! (Pietro, guàrdati indietro!)
di Maurizio Del Sordo
Avvertenza: I personaggi e i fatti riportati, come accade nelle pagine del “Diario di Piero”, sono immaginari (o comunque di fantasia), ma autentica è la realtà che li produce.
Como, 30 gennaio 2006 – Trovo che il “Diario di Piero” sia una delle principali raccolte di spunti di riflessione all’interno del sito e degli e – groups di “Senza bavaglio”. Mi è peraltro parso che Piero, alla pagina 28 del suo diario, sulla specifica questione della necessità e dell’opportunità di rendere obbligatoria una laurea breve per intraprendere la professione giornalistica (e non, come i soliti casinisti hanno strillato, per scrivere sui giornali e parlare nelle emittenti), abbia guardato solo davanti a sé, ovvero abbia inquadrato soltanto la parte evoluta della realtà, quella di chi ha potuto e può in tutta tranquillità fare a meno di una formazione accademica. Per questo mi permetto di dirgli in tutta simpatia, nel surreale dialetto che si parla nelle vallate svizzere fra Locarno e Domodossola, «Piero, vàrdes indero!» (Pietro, guàrdati indietro!), e gli anticipo qualche esemplare della parte involuta della realtà che potrebbe capitargli d’incontrare.
***, 55 anni, redattore di una piccola agenzia di stampa del Centro Italia specializzata in tematiche ambientali. Dopo le medie ha fatto un po’ di tutto, novello Berlusconi, poi, anziché in politica, si è buttato nel giornalismo: esame di cultura generale superato per il rotto della cuffia, praticantato d’ufficio, esame di Stato con esito positivo alla quarta sessione… ed eccolo qui. La sua subcultura è proverbiale anche fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori ed il suo ruolo nell’agenzia è un segreto di Pulcinella: quando c’è da mettere i coperchi alle pentole, perché sono coinvolti sodali dell’editore, il direttore manda lui, così facile da “condir via”, quando c’è da toglierli, perché sono implicàti rivali, si muove il suo unico collega, preparato e dalla schiena diritta. Ormai i lettori smaliziàti dell’agenzia guardano quasi solo le firme dei servizî…
***, 49 anni, capocronista in un quotidiano locale del Nordovest. Si è fermato alle superiori, ma quando sale in cattedra con corsivi e fondini si sente un luminare. Peccato che non ne abbia la statura, né la preparazione; della prima circostanza approfittano direzione e proprietà, che dispongono di un’ottima carta da giocare quando c’è da spingere iniziative di dubbio spessore sociale, culturale e scientifico, ma tanto care agli amici ed agli amici degli amici, della seconda soffre la redazione, in quanto non ha granché di positivo da insegnare ai molti giovani, fra redattori e collaboratori, che fanno parte del suo settore, neanche quando rivede i loro pezzi, visto che molti – laureàti o diplomàti di fresco – padroneggiano già la lingua italiana meglio di lui.
***, 42 anni, pugliese in cerca del praticantato. Un diploma di ragioniere che sta finendo di far funghi in un cassetto, una preparazione approssimativa e raffazzonata, insegue da anni la carriera giornalistica e quella di cri(p)tico letterario e cinematografico, senza rendersi conto che, fino a quando non colmerà enormi lacune soprattutto in campo storico e di cultura generale, entrambe non si faranno raggiungere. Si barcamena fra periodici locali e testate telematiche; per gli editori è una risorsa preziosa quando c’è da mandare alle conferenze stampa ed alle presentazioni qualcuno che non faccia troppe domande e “beva” tutto quello che gli si dice, senza rendersi conto di eventuali incongruenze o falsità, salvo poi sminchiare tutto quanto egli scrive e presenta di propria iniziativa e soprattutto guardarsi bene dal pagarlo. Qui il dubbio si fa amletico: bastardi gli editori ad usarlo e sfruttarlo, coglione lui ad aver accettato di farsi usare (a sua insaputa: non ci arriva…) e sfruttare (con sua piena consapevolezza) o tutte e due le cose? Ed intanto, visto che in mancanza d’introiti il matrimonio resta un’utopia, papà paga…
***, 30 anni, redattrice della testata giornalistica di un’emittente locale campana. Con ammirevole caparbietà si è formata sulla strada, come si dice con vanto nella sua regione più che in altre, ma lì rischia di finire a causa del proprio retroterra frammentario, che non ha tempo per integrare perché le serve il fare tanti straordinarî per assicurare alla figlia, unica nota lieta di un matrimonio naufragato, una vita ed una formazione migliori della sua. Quando c’è puzza di querela i suoi capi e gli azionisti mandano avanti lei; se tutto va bene grandi pacche sulle spalle e scampato pericolo, se la querela arriva «Visto? Non era all’altezza di quell’argomento!» e le spese legali restano a suo carico… Difficile, con questi precedenti, trovare un altro posto in regola, e se le querele dovessero aumentare è molto facile che il responsabile le indichi la porta.
Mi fermo a quattro casi, ma penso che il concetto sia chiaro. Una laurea breve non è un toccasana assoluto e nemmeno una corazza per la coscienza, ma almeno avrebbe impedito ed impedirebbe a tanta gente, a cominciare da questi quattro colleghi virtuali ma non troppo, di doversi prestare a certi giochi. Con ogni probabilità i servi sciocchi esisteranno sempre; una preparazione di livello universitario, seria, s’intende, sarà quantomeno garanzia che scompaiano invece gli “strumenti ciechi di occhiuta rapina”, come scrisse con sommo acume il poeta Giuseppe Giusti delle truppe di occupazione austroungariche. E ti par poco, Piero? E vi par poco, colleghi tutti?
Maurizio Del Sordo