Le cronache delle ultime settimane del 2005 sono state di tanto in tanto caratterizzate da alcuni articoli relativi alle scorribande di agenti Cia in Europa, ora per sequestrare qualche elemento ritenuto ostile in quanto appartenente alla rete terrorista di Al Qaeda, ora per trasportare su aerei cifrati e coperti detenuti “amministrativi” di cui far perdere le tracce in qualche commissariato di nazione araba ove i metodi per far cantare i malcapitati non vanno tanto per il sottile. La magistratura italiana ha fatto spiccare oltre venti mandati di cattura internazionali, validi in ambito UE, e non dappertutto, ai danni di agenti Cia, mentre risulta essere indagato il capo-area dell’Italia settentrionale. Il sequestro dell’imam egiziano ad insaputa del governo italiano è un reato di grave natura a livello internazionale, e sebbene quegli agenti saranno ormai al riparo negli Usa, la divulgazione del loro nome in un dossier giudiziario praticamente li rende bruciati e inutilizzabili, pertanto pericolosi per lo stesso sistema.
Che i paesi europei concedano il permesso di atterrare ad aerei cifrati usati per missioni speciali non è una novità, se si considera che si è fatto molto peggio, quando si sono concesse soste a flotte militari armate fino ai denti per operazioni di guerra alle quali il paese ospitante di fatto non partecipa, e quindi per obbligo internazionale dovrebbe astenersi dal concedere soste avventuristiche persino a contingenti armati alleati. Ma tant’è…
La questione delle estradizioni di elementi ritenuti pericolosi, in epoca di guerra preventiva e globale al terrorismo, cade sempre, da un lato, entro la griglia penale e giudiziaria degli ordinamenti nazionali, diversi gli uni dagli altri, e comunque la pericolosità deve essersi dimostrata in maniera da attivare un procedimento giudiziario che comporta l’arresto e quindi l’eventuale estradizione. Il tutto sotto le garanzie giuridiche del paese in questione. Solo l’espulsione è un provvedimento amministrativo del Ministro dell’interno, ma in quanto tale non può comportare l’estradizione.
Dall’altro, la ricerca di omogeneizzazione di differenti regimi penali e giudiziari si innesta in una regolazione internazionale in materia che necessita di lunghi e faticosi negoziati per armonizzare ordinamenti e necessità politiche di supremo interesse per la sicurezza dello stato e della comunità politica, come recita la litania.
Non sorprende allora la scelta di scorciatoie extra-giudiziarie e illecite, che però se commesse in nome e per conto dello stato di illecito hanno ben poco, visto che è lo stesso stato a definire, attraverso un altro organo, cosa è lecito e cosa non lo sia, e addirittura il soggetto deputato a incarnare la figura scomoda dell’imputato e quella molto più comoda dell’impunibile.
Così non dovrebbe sorprendere la retorica della sorpresa, i rimpalli di accuse ad uso dell’opinione pubblica tra italiani e americani nella faccenda dell’imam egiziano o degli aeroporti prestati alla Cia per qualche ora. Si sa come vadano per le lunghe le trattative tra Ue e Usa, all’indomani dell’11 settembre 2001, per facilitare i controlli di uomini e donne che vanno e vengono per qualsiasi ragione dal e sul suolo statunitense: passaporti biometrici, carte di imbarco contenenti centinaia di dati relativi al passeggero, accesso americano a banche dati private (delle compagnie aeree) e pubbliche (addirittura il SIS II di Schengen che per norma dovrebbe essere riservato solo ai paesi membri).
Che addirittura proprio il governo italiano faccia finta di cadere dalle nuvole è oltremodo paradossale, se si pensa che nel tavolo di negoziato tra Ue e Usa sulle questioni transatlantiche relative, tra l’altro, proprio all’armonizzazione di ordinamenti e alle procedure comuni di estradizione, nell’ambito della Commissione Giustizia e Affari Interni retta proprio dall’italiano Frattini, siedano da lungo tempo alcuni alti funzionari del Ministero dell’Interno e della Giustizia (con tanto di nomi e cognomi) con il preciso compito di far avanzare l’agenda comune dei lavori, scambiandosi non solo impressioni ma anche informazioni di varia natura con omologhi alti funzionari del Dipartimento di Stato e della Giustizia a stelle e strisce.
Vogliamo pensare che i nostri valenti funzionari non sappiano cogliere battute, allusioni, mezze frasi, giri interlocutori, messaggi impliciti?
E pensiamolo pure!….
Salvo Vaccaro
Tratto dal settimanale anarchico Umanità Nova, numero 1 del 15 gennaio 2006, Anno 86. www.ecn.org/uenne/