[Riceviamo e volentieri pubblichiamo]
Il numero invernale della rivista GAIA contiene un articolo a firma di Francesco Stevanato, medico specialista di Spinea (Venezia), che finalmente porta l’attenzione su un pericoloso e dilagante fenomeno, quello della violenza in televisione. Stevanato cita uno studio, US National Television Violence Study (1988), che ha esaminato i contenuti di violenza dei programmi televisivi, dimostrando che il 61% dei programmi contiene scene esplicite di violenza (nel 54% dei casi si tratta di omicidi) ma solo il 4% tratta tematiche contro la violenza; raramente viene fatto cenno alle conseguenze negative a lungo termine (16%) e nel 45% dei casi il colpevole resta impunito.
Ad aggravare il quadro si aggiunga che il 71% delle scene è privo di revisione critica o di un senso di rimorso per gli atti di violenza compiuti i quali anzi, nel 42% dei casi, si associano ad umorismo o sono opera di attori affascinanti (39% dei casi).
Gli effetti antisociali della violenza televisiva sono stati dimostrati in particolare da due importanti studi.
Nel primo 707 individui sono stati seguiti per 17 anni e si è notata una associazione tra quantità di tempo trascorsa guardando la televisione durante l’adolescenza – prima giovinezza e probabilità di comportamenti successivi di tipo antisociale, “quali minacce, risse o combattimenti fisici che esitano in gravi danni e rapine”.
Nel secondo 557 bambini tra i 6 e 9 anni nel 1977 sono stati seguiti per i successivi 15 anni. Si è confermata l’associazione tra l’esposizione dei bambini alla violenza dei media e il comportamento aggressivo di uomini e donne in età adulta.
I ragazzi sono risultati più influenzabili delle ragazze ma gli effetti maggiori hanno riguardato i bambini più piccoli, di età compresa tra 0 e 5 anni. “Cartoni animati e programmi di fantascienza presentano il maggior effetto come programmi di violenza, ma la violenza associata a carattere erotico ha un effetto ancora maggiore”.
A fronte di questi dati viene raccomandato ai genitori e a chi si prende cura dei bambini di avere, nei confronti degli spettacoli per adulti, “la stessa attenzione che hanno nei confronti dei farmaci e dei prodotti chimici in casa”.
La trascuratezza nei riguardi di materiale mediatico a contenuto violento può essere ritenuta, affermano gli autori, una forma di maltrattamento morale verso un bambino.
I registi infine dovrebbero impegnarsi nella riduzione della violenza il che aumenterebbe l’attrattiva per il loro prodotto da parte delle donne e non cambierebbe quella da parte degli uomini.
Raccomandazioni necessarie alla luce della diffusione di programma sempre più violenti come il wrestling, tanto seguito in televisione proprio da bambini e adolescenti.
L’articolo completo si può trovare in GAIA – Ecologia, Nonviolenza, Tecnologie Appropriate, rivista dell’Ecoistituto del Veneto.
Per informazioni e approfondimenti: 041/935666, info@ecoistituto.veneto.it e www.ecoistituto-italia.org
Mestre – Venezia, 11 gennaio 2005