A Bologna hanno arrestato tre espondenti dei Disobbedienti per un’occupazione – durata un giorno – di un mese fa. Li hanno prelevati all’alba, come si fa con i criminali, e in effetti devono rispondere di accuse gravissime: nientemeno che “eversione dell’ordine democratico”. Si stenta a crederci, ma questa è l’Italia dei diritti incivili, dei magistrati che fiutano nell’aria un certo consenso per la repressione e si lanciano in operazioni giudiziare del tutto fuori luogo.
Come si fa a parlare di eversione per attivisti che agiscono alla luce del sole e che hanno occupato un locale, subendo lo sgombero il giorno dopo (con piccoli tafferugli coi poliziotti, certamente, ma se questa è l’eversione…)? A Bologna di questi tempi tira un’aria molto brutta: la “battaglia” per la legalità di Cofferati, che si inscrive a pieno titolo nel filone “legge e ordine”, ha creato un clima favorevole per misure clamorose e autoritarie come quella decisa dalla procura di Bologna, tanto che il procuratore capo non ha esitato a citare la ‘filosofia’ del sindaco per motivare i tre arresti.
Come al solito ben pochi gridano allo scandalo, fra gli intellettuali, i politici, i commentatori in tutt’altre faccende affaccendati.
E non si accorgono – anche a sinistra, anche fra i democratici e i liberali (già, dove sono i liberali?) – che stiamo erodendo, pezzetto dopo pezzetto, le garanzie che tutelano le nostre libertà civili. Ma questo, in Italia, è un argomento tabù.