Doveva essere il congresso della svolta, nel segno della trasparenza e della partecipazione. Si è risolto in un siluramento delle istanze riformiste avanzate sia dalle opposizioni sia da una maggioranza che si è spaccata al suo interno (una frattura che ha allontanato, in particolare, le piccole associazioni regionali da quelle più grandi).
Naufraga, in particolare, la richiesta di referendum sul rinnovo contrattuale. E pensare, che alla fine, la proposta di consultazione della base avanzata dalla stessa segreteria nazionale era talmente tiepida da non spaventare nemmeno il più autocratico dei delegati. Eppure, per una ventina di voti è fallita anche questa riforma-beffa che prevedeva un debole referendum facoltativo e consultivo.
In precedenza l’assemblea romana dell’hotel Ergife aveva bocciato tra le altre la proposta di Giornalisti senza bavaglio ( www.senzabavaglio.info ), che invece chiedeva una consultazione della base sulla bozza di accordo, prima di ogni sigla formale.
Dopo il vergognoso siluramento del referendum nell’assemblea congressuale è venuto meno il numero legale, così il congresso si è sciolto senza nemmeno affrontare altri nodi cruciali, quali l’inserimento nello statuto del sindacato di forme serie di rappresentanza per i giornalisti free-lance, precari e disoccupati.
Ora sul fronte della trasaprenza e della partecipazione democratica in seno alla Federazione nazionale della stampa, tutto è lasciato ai buoni propositi del segretario nazionale Paolo Serventi Longhi, tradito da molti dei suoi alleati sul referendum e su altro, ma a quanto pare memore delle migliaia di firme referendarie ignorate quattro anni fa e dunque intenzionato a portare avanti comunque l’istanza della consultazione della base sul rinnovo contrattuale.
Un rinnovo peraltro che pare di là da venire, considerato che tra giornalisti e editori è muro contro muro, dopo le richieste del padronato che mirano sostanzialmente a destrutturare il contratto nazionale di lavoro nel nome della flessibilità e della precarietà in un settore delicato e di elevata rilevanza sociale quale l’informazione.
Il congresso per le riforme statutarie era, in questo contesto, l’occasione per dare un forte segnale di unità e per allargare la partecipazione della base, strumento forte sopratuttto nel pieno di un confronto con la controparte. Invece ha avuto la meglio chi ritiene che sia più opportuno gestire il sindacato assecondando le tentazioni oligarchiche che lo attraversano. Un brutto colpo per i lavoratori dell’informazione.
I quali la prossima settimana saranno probabilmente chiamati a incrociare le braccia per altri due giorni di seguito, contro l’assalto ai diritti e ai doveri del giornalista messoin atto dagli editori.
Ma lo spirito dello sciopero non potrà non risentire del pasticciaccio brutto dell’hotel Ergife…
DOCUMENTO PRECONGRESSUALE DI GIORNALISTI SENZA BAVAGLIO
Il referendum dev’essere obbligatorio e si deve tenere prima della firma definitiva del contratto
SENZA BAVAGLIO CHIEDE UN REFERENDUM DI MANDATO DA ORGANIZZARE
PRIMA CHE I CONTRATTI VENGANO DEFINITIVAMENTE FIRMATI
UN VOTO DELLA BASE A GIOCHI FATTI E A CONTRATTO FIRMATO
(COME CHIEDE QUALCUNO)
SAREBBE DEVASTANTE PER TUTTO IL SINDACATO
Il 27 ottobre il congresso della Federazione Nazionale della Stampa dovrà discutere e varare le modifiche allo Statuto del sindacato.
Il gruppo di Senza Bavaglio, componente di minoranza della Fnsi, intende sensibilizzare i colleghi di tutta Italia affinché il sindacato accolga – senza depotenziarla – la richiesta di prevedere sui rinnovi contrattuali una consultazione obbligatoria di tutti gli iscritti, da tenersi prima della firma dell’accordo con gli editori.
Purtroppo, infatti, le maggioranze che si determineranno al Congresso straordinario rischiano di stravolgere e svuotare di significato il referendum da noi proposto, prevedendo il voto solo dopo la firma dei contratti (referendum consultivo, o confermativo, come vedremo dopo, che non incide sull’eventuale riapertura delle trattative perché la controparte una volta firmato considera il contratto già in vigore). Noi di Senza Bavaglio riteniamo che la trasparenza e la democrazia, con il massimo coinvolgimento della base, sia un elemento fondamentale.
In vista del congresso straordinario della FNSI del 27 ottobre 2005 rivolgiamo un appello ai delegati perché venga accolta la proposta di referendum automatico e di mandato, da tenersi prima della firma definitiva, sull’accordo contrattuale tra Fnsi e Fieg. Chiediamo ai vertici della Federazione Nazionale della Stampa Italiana di non sostenere la proposta che si sta concretizzando e che prospetta, tra l’altro, la consultazione come facoltativa e successiva alla sigla dell’accordo finale.
Il referendum per avere un senso logico, deve essere indetto prima della firma definitiva, altrimenti rischia di avere un effetto devastante sul sindacato e sull’intera categoria dei giornalisti. Che senso ha sentire il parere della base dopo che il contratto tra sindacato ed editori non solo è stato firmato ma è pure entrato in vigore?
Che cosa accadrebbe se i contratti nazionali non fossero in linea con le aspettative della categoria? Il referendum lo boccerebbe con l’unico risultato di sfiduciare la classe dirigente del sindacato, considerato che non si potrebbe più tornare al tavolo delle trattative se non alla scadenza naturale del contratto. Così facendo la vittoria della Fieg sarebbe doppia, perché in un sol colpo gli editori potrebbero godere di un contratto vantaggioso per loro e di una dirigenza sindacale delegittimata dagli iscritti del sindacato.
Viceversa, con la previsione di un referendum sulla bozza di accordo, il sindacato vedrebbe rafforzata la sua posizione, perché anche gli editori sanno che se la loro richiesta è eccessiva, rischia di essere bocciata da un voto che accresce la tensione tra i colleghi e inasprisce la contrattazione. I nostri rappresentanti avrebbero la certezza di avere le “spalle coperte” dai propri iscritti, cosa di cui la Fieg non potrebbe non tener conto. E se un’ipotesi di contratto fosse bocciata dalla base, si potrebbe riaprire subito la negoziazione su nuove premesse più favorevoli ai giornalisti.
Chiediamo dunque alla dirigenza della FNSI e alle altre componenti di minoranza di adoperarsi affinché il congresso del prossimo 27 ottobre approvi una riforma dello statuto che preveda referendum sugli accordi e non una inutile e pericolosa consultazione della base a giochi fatti.
Senza Bavaglio
P.S. Sgombriamo qualche dubbio e preveniamo qualche domanda. Senza Bavaglio ha intervistato per questo Cesare Damiano, responsabile Lavoro e Professioni della Segreteria Nazionale dei DS. Damiano, ex sindacalista della FIOM-CGIL, è anche autore del libro: “La democrazia instabile”, Ediesse Editore, una ricerca su nuove regole di rappresentanza, rappresentatività e consultazione dei lavoratori.
Damiano racconta che il referendum è previsto dallo statuto dei lavoratori, ma nessun sindacato ha introdotto nel suo statuto l’obbligatorietà del referendum stesso, tranne, ultimamente, la FIOM. La conseguenza è che nessuna dirigenza sindacale va al referendum sul contratto se non ha la certezza di un risultato favorevole.
Al referendum i sindacati confederali preferiscono altri strumenti come assemblee o verifiche di vario genere prima della firma.
Secondo Damiano esistono due tipi di referendum:
1) Referendum Confermativo
Il contratto viene sottoscritto (“firma tecnica”). Subito dopo si sottopone al referendum. Se viene bocciato si riaprono le trattative. Ma quest’ultimo passaggio – sostiene Damiano – è praticamente impossibile da applicare. Nessuna controparte, infatti, ha mai accettato o mai accetterà di riaprire le trattative. La controparte considera ciò che ha firmato valido, chiuso, senza possibilità di appello, entrato in vigore.
Il problema è, casomai, politico: i dirigenti sindacali che hanno firmato il contratto se ne andranno a casa, ma il danno provocato resta.
2) Referendum di Mandato. Il referendum viene indetto PRIMA di qualsiasi firma. Secondo il risultato si firma o si procede nelle trattative.
Questo secondo tipo di referendum – sostiene Damiano – è l’unico ad avere un senso ed è il solo che possa essere applicato alla realtà. Ogni altra richiesta avrebbe il solo significato di processo nei confronti dei dirigenti sindacali. E nel caso di bocciatura assumerebbe una sola accezione: che la base non ha più fiducia nelle capacità dei propri dirigenti sindacali.
Se noi della FNSI decidessimo di inserire il referendum di mandato nel nostro statuto daremmo dunque una bella scossa a tutto il mondo del lavoro. L’obbligatorietà ora esiste solo per i metalmeccanici ma è un bel precedente, considerato che la categoria rappresenta ancora il 36 per cento della produzione industriale e il 9 per cento del Pil del nostro Paese.
s.b.
23 ottobre 2005