[riceviamo e pubblichiamo]
E’ on line www.horstfantazzini.net , il sito dedicato alla memoria di Horst Fantazzini, a cura di Hulot Firenze, Associazione che dal 2002 si occupa di promozione e distribuzione della Cinematografia Indipendente (www.hulot.it). La home page è stata disegnata da Pablo Echaurren. Vi si possono consultare moltissime pagine: l’intera mostra internazionale di arte postale “Bandito in bicicletta – Bandit by bicycle”, con un centinaio di opere. Due pagine su Alfonso “Libero” Fantazzini e Maria Zazzi (gentilmente concesse da alcuni curatori del Dizionario Biografico degli anarchici italiani, BFS edizioni). Grafica al computer, Racconti e Poesie di Horst Fantazzini. Biografia, bibliografia, interviste, rassegna stampa, un’intera sezione dedicata al libro e al film “Ormai è fatta!”, collegamenti, incontri, e tanto altro.
Horst soprannominato “il bandito gentile” era un personaggio pubblico dagli anni ’60, noto per le sue rapine in punta di rosa. Pochi lo conoscono come tipografo impaginatore, straordinario scrittore, esperto di computer, appassionato d’arte grafica. Aveva il dono raro di una umanità, resa straordinaria perché dopo tanti anni di gabbio, di botte, di torture, di vessazioni d’ogni tipo, non aveva perso nulla della sua ruvida tenerezza, del suo amore per la vita, della sua vulcanica allegria, ma soprattutto della sua voglia di desiderare un mondo di giustizia sociale… per questo era così amato e tenuto in considerazione da moltissime persone.
Ma, aldilà dei tratti personali, c’è molto di più.
Quello che il sito racconta attraverso l’esperienza di Horst, nato operaio da famiglia operaia, sono frammenti di vita collettiva, della seconda guerra mondiale, della resistenza fatta con il sangue degli uomini e donne liberi, di una città che si alza in piedi dopo i bombardamenti, di necessità materiali che assorbono energie da dedicare alla rivoluzione imminente, del boom economico, fino alla recessione attuale… del sentirsi “straniero” ovunque, come i migranti che arrivano oggi in Italia e ai quali Horst il “tedesco” dedica uno dei suoi racconti più belli… delle rapine che servono a riprendersi il maltolto generazionale, ciò che spetta di diritto per semplice associazione: tanto mi hanno preso e tanto debbo riavere… del carcere che, come un camaleonte, non cambia mai di sostanza, ma si adatta in superficie alla sua funzione di grande contenitore dei disagi sociali… di amori impediti dalle sbarre o resi ancora più struggenti dalla solitudine della cella, di compagni comunisti e anarchici rimasti “impigliati nel filo spinato dei lager di stato”, di siringhe e saldi di fine stagione che più dei manganelli distruggono le forze di una rivoluzione che pareva imminente.
Il mito del Bandito “solitario” in realtà è in una storia così grande… una storia che riguarda tutti, un canto collettivo che attraversa decenni, nel quale esistenze, percorsi, ideali, vezzi di costume, tasselli di storia del nostro paese (e non solo) si incontrano e si dividono. Non è la penna di uno scrittore romantico a concepirlo, semmai un canto epico come quelli degli Omero.
Horst entra nella leggenda, quella disgraziata che accomuna gente come Sacco e Vanzetti, Giuseppe Pinelli, Francesco Lorusso, Jaio e Fausto, Giorgiana Masi, Peppino Impastato, Carlo Giuliani, Marcello Lonzi e tanti altri… una leggenda alla quale nessuno dei sopra citati avrebbe mai voluto appartenere, ma non ci rimane che difenderla, perché il Potere vorrebbe spazzarla via, così, come, in quattro e quattr’otto, si è sbarazzata della vita di questi uomini e donne. Ma la vita, nonostante un così feroce accanimento a volerla sopprimere, è un bene contagioso che si può e si deve tramandare.