(Tratto dalla Newsletter del gruppo sindacale Giornalisti senza bavaglio)
La camera ha approvato il “Decreto Salvareti” che poi (come scrive giustamente Pino Nicotri qui sotto) salva una rete sola, Retequattro.
Noi abbiamo più volte scritto su questo forum la nostra contrarietà a una norma che piccona oggettivamente la libertà di stampa, favorisce la concentrazione dei gruppi editoriali, stabilisce il primato della televisione sulla carta stampata e rappresenta un pericolo anche per i posti di lavoro.
Quello che colpisce di più è il disprezzo della maggioranza di questo parlamento alla critiche rivolte al provvedimento non tanto dall’opposizione (ognuno fa il suo mestiere) ma dal capo dello Stato
La democrazia italiana attraversa veramente un momento storico (come scrive qui sotto Fulvio Mazza)? Probabilmente sì, ma non sembra che tutti i colleghi se ne rendano conto. In questi mesi e in queste settimane sembra che i dirigenti dei nostri enti siano più impegnati a litigare su come gestire l’Inpgi e il Sindacato, in una guerra che assomiglia tanto a una pura e semplice spartizione di posti, che a porsi il problema di quale direzione ha preso il treno dell’informazione e se è possibile bloccarne la folle corsa verso il baratro.
Noi di Quarto Potere/Senza Bavaglio abbiamo cercato di prendere posizioni molto chiare e precise su quello che sta accadendo nel nostro mondo e sui problemi che lo riguardano. Non si tratta di essere di destra o di sinistra (come forse avrebbe detto Montanelli) ma di difendere al di là delle posizioni personali, tutti assieme, il patrimonio più prezioso della democrazia: la libertà di stampa.
Quarto Potere/Senza Bavaglio
________
Paolo Serventi Longhi ha sbagliato per il suo non aver saputo mantenere un profilo meno schierato in occasione della giornata del centro sinistra con Prodi a Roma.
Ho firmato un documento di critica al segretario ma nello stesso tempo ci tengo a sottolineare che sono francamente stupito dal ripiegare dei vari gruppi sindacali su se stessi, perché mi pare stiano sin troppo sul “sindacalese” e lontani dal politico. La lunga campagna sull’Inpgi, e contro l’attuale suo gruppo dirigente, ha assorbito quasi tutte le forze, specie di chi è all’opposizione.
Ma bisogna sempre trovare il tempo e il modo di dire la nostra su temi che comunque riguardano la nostra professione e che molti colleghi sentono di più, magari snobbando le “robe da pensionati”, il che è un grave errore anche nei riguardi del loro interesse non solo futuro. Oggi che il decreto salvareti (ma in realtà dovrebbe essere al singolare perché ne salva una sola, Retequattro) è stato approvato non possiamo non affrontare il problema e far finta che nulla sia accaduto.
La pantomima su Retequattro indica a che punto di cialtroneria siano arrivati i nani, le ballerine e gli schifani che si accalcano come mosche cocchiere attorno al cavallo del Cavaliere. Durante il primo governo Berlusconi, cioè dieci anni fa, un certo ministro dei Rapporti con il Parlamento chiamato Giuliano Ferrara, do you know?, si sgolava a sostenere che la Rai doveva essere ridotta a un canale solo e che anche la Fininvest doveva fare una cura dimagrante. A chi gli chiedeva “che ne facciamo dei 14 mila dipendenti della Rai”, il baldo ministrone rispondeva così: “Ne facciamo quello che abbiamo fatto con i dipendenti della Comit e del Credit, che sono andati con i privati che hanno acquistato quelle banche”. Capito? Invece i mille (ripeto: mille, non 14 mila!) di Retequattro NON possono e non debbono assolutamente andare “con chi compra l’azienda”, perché se no, chissà, muoiono in blocco, gli prende la peste bubbonica, la cacarella o chissà quale altra berluschinata. Insomma, i soliti smaccati due pesi e due misure che in questo caso puzzano anche di malafede e disonestà eccessive, alla grande.
Ho letto da qualche parte, infatti, che Retequattro trasmette su frequenze che non le appartengono, che appartengono invece a un imprenditore televisivo che s’è pure dichiarato ben felice di assumere lui TUTTI i mille di Retequattro. Ho letto male? Quel signore è un mitomane? Fateci sapere, fateci. Ah, colleghi, che brutto Paese che sta diventando il nostro.
E che brutto ambiente professionale quello dei giornalisti che non si accorgono o, peggio, tacciono su queste truffe turlupinatorie che sono, di fatto, atti di inaudita prepotenza politica, professionale, economica e culturale. Altro che il buon Serventi Longhi sotto l’Ulivo o su un suo ramo! Ecco, aspetto qualche intervento sul tema. Grazie.
Pino Nicotri
_____________________
di Fulvio Mazza
Parlare di “momento storico” è sempre rischioso. Ma talvolta, come in questi giorni, appare necessario, almeno per quel che riguarda il nostro settore: quello dell’informazione. Probabilmente è superfluo spiegare il “perché” ci troviamo dinanzi ad un momento così cruciale. Ma, benché sia evidente, non ci si può esimere dal far notare come attualmente la vita politico-istituzionale italiana sia caratterizzata da uno scontro di natura fondamentale. Da una parte chi, mascherandosi dietro obblighi di maggioranza (e talvolta solo dietro una semplice foglia di fico), sta sferrando un serio attacco al pluralismo dell’informazione e alla legittimità legalitaria.
Dall’altra chi (magari anche pretestuosamente, per propria convenienza politica di oppositore) vuole limitare l’iperstrapotere – mi perdoni l’Accademia della Crusca – berlusconiano. Un sistema perverso, quest’ultimo, che non è sazio del fatto che già consente ad un unico soggetto di controllare la stragrande maggioranza dei media più invasivi, quelli televisivi. Un sistema perverso che tenta di “rilanciare” occupando spazi ulteriori. E, per far questo, non disdegna di bloccare i diritti giudizialmente stabiliti a favore di altre, assai più piccole, emittenti. Ma, consentitemelo, non è tale fattore che, nel nostro piccolo di addetti ai lavori, induce in noi particolare meraviglia. A questo, ma non all’indignazione connessa, abbiamo fatto il callo. Lo stupore maggiore è altro.
Dinanzi a siffatto evidente scempio che, come se non bastasse, si collega ad un chiarissimo conflitto d’interesse (il presidente del Consiglio che fa porre la fiducia su un provvedimento che – indici di borsa Mediaset alla mano – ad ogni singola evoluzione parlamentare fa lievitare il suo portafoglio, oltre che il suo potere mediatico, personale), cosa troviamo nelle nostre “email di categoria”? Leggiamo un inopinato attacco ad uno dei più tenaci oppositori del “Golpe bianco” berlusconiano: Serventi Longhi, “reo” di essere troppo vicino agli avversari politici del berlusconismo. Un tentativo di delegittimazione? Non credo. La stima che avevo e che ho per i colleghi che hanno firmato quel messaggio di critica a Serventi, non mi consente siffatte malizie. Tuttavia, è lecito pensare che la scelta dei tempi sia stata pessima.
Che Serventi Longhi abbia tante colpe sarà ed è certamente, almeno in parte, vero. Per quel che mi riguarda, mi limito al solo fatto che abbia tenuto oggettivamente “bordone” al truffatore Raffaele Nicolò. Ma chi fa informazione e politica sindacale dovrebbe saper valutare meglio i tempi e i modi delle proprie prese di posizione. Pensino, piuttosto, a delineare un’efficace strategia che consenta all’Inpgi una vera governabilità associata ad una gestione morale ed efficiente (senza Cescutti, dunque).
Fulvio Mazza
Quarto Potere/Senza Bavaglio