a cura di Andrea Licata *
Autorevole studioso di fama internazionale, professore emerito di Scienze politiche presso la Boston University, Howard Zinn (1922) è tra i più brillanti storici degli Stati Uniti d’America. Voce libera ed originale, scrittore attento e preciso, Zinn è oggi, a cominciare dagli Stati Uniti, uno dei punti di riferimento più importanti dei movimenti per la pace. Le sue opere tradotte in italiano: Non in nostro nome, Il Saggiatore, 2003, Disobbedienza e Democrazia. Lo spirito della ribellione, Il Saggiatore, 2003, e Marx a Soho. Un monologo sulla storia, Editori Riuniti, 2001.
Quali interessi hanno spinto gli Stati Uniti nella guerra contro l´Iraq?
Prima di tutto il petrolio del Medio Oriente, che è stato al centro della politica estera degli Stati Uniti in Medio Oriente dalla fine della seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti presero il posto del Regno Unito come principale attore dell’industria petrolifera del Medio Oriente. Secondo: il bisogno di avere un’altra postazione militare in Medio Oriente. Terzo: la politica interna, dato che l’Amministrazione Bush è salita al potere in una situazione poco chiara, le strane elezioni del 2000, e Bush aveva bisogno di rafforzare la propria posizione di fronte alla popolazione. Sapeva, i suoi consiglieri sapevano, che quando un presidente va in guerra il suo consenso pubblico immediatamente cresce perché la popolazione sente di dover sostenere il Presidente.
Quali sono le reazioni degli ambienti universitari statunitensi a questa nuova guerra?
Non c’è un’unica reazione. Direi che la maggior parte dei docenti si è opposta alla guerra in Iraq. Per quanto riguarda gli studenti, c’è molta ignoranza e disinformazione tra loro, e direi che essi, come il resto della popolazione, siano metà a favore e metà contro la guerra. Però, quando vengono informati si orientano rapidamente contro la guerra. Quelli fra noi che vanno in giro per il paese a parlare a grandi assemblee di mille – duemila studenti (e questi non sono gruppi di opposizione alla guerra) hanno osservato che non appena sono fornite alcune informazioni gli studenti reagiscono positivamente al nostro messaggio contro la guerra.
Che tipo di opposizione contro la guerra si è creata negli atenei?
Le università non hanno guidato l’opposizione contro la guerra; quest’attività è stata svolta da gruppi in tutto il paese.
Questi movimenti sono internazionalisti?
Se vuole sapere se questi movimenti abbiano una coscienza internazionalista direi di sì. Questi movimenti sentono di avere qualcosa in comune con la popolazione irachena e con tutta la gente nel mondo che ha protestato contro la guerra.
Che mi dice delle cosiddette associazioni universitarie patriottiche e dei docenti patriottici che sono a favore della guerra?
All´interno delle università vi sono ben poche attività organizzate a favore della guerra. I docenti che sono a favore tendono a non parlarne, sapendo che la loro è una posizione minoritaria.
Come descriverebbe la storia e la situazione attuale delle ricerche militari nelle università statunitensi? Cosa possiamo fare oggi per contrastarle ovunque?
Non sono sicuro di cosa intende con il termine “ricerche militari”.
Intendo la cooperazione delle università con il Dipartimento della Difesa, la ricerca finanziata dal Dipartimento della Difesa o da industrie militari private, la ricerca finalizzata ad aumentare l’efficienza dei sistemi d’arma, gli studi strategici…
Molte università hanno contratti con il Dipartimento della Difesa, specialmente posti come il Massachussetts Institute of Technology e la Stanford University. Questo fatto ha acquisito importanza durante la Guerra Fredda e divenne oggetto di interesse per il movimento studentesco contro la guerra del Vietnam e continua ancor oggi con l´enorme budget stanziato per la spesa militare.
Che consigli darebbe ad uno studente interessato ai temi della pace, della nonviolenza e dell’antimilitarismo? Quali sono, negli Stati Uniti, le università più aperte in questo senso?
Direi che l’Università di New York, specialmente il Dipartimento di Storia, ha una forte coscienza politica e contro la guerra. E in certa misura anche la Columbia, l’Università della California a Berkeley, l’Università del Wisconsin. Esiste un´organizzazione che si chiama Storici contro la guerra (hanno una pagina web: historiansagainstwar.org).
Su questi temi, quali sono a suo parere gli autori statunitensi più interessanti per uno studente europeo?
Naturalmente Noam Chomsky, Barbara Ehernreich (autrice di Nickel and dimed), Daniel Ellsberg (Secrets), Chalmers Johnson (Blowback and The sorrows of empire), Marilyn Young (The Vietnam Wars) e anche la scrittrice di romanzi Barbara Kingsolver, in particolare il suo romanzo The Poisonwood Bible che parla del Congo. E poi ovviamente Michael Moore.
Che tipo di iniziative sta seguendo negli ultimi mesi? Con quali intellettuali europei collabora volentieri?
Faccio parte degli Storici contro la guerra, tengo conferenze in giro per il paese sul tema della guerra. Per quanto riguarda i rapporti con gli intellettuali europei i miei scritti appaiono su Le Monde Diplomatique ed ho una corrispondenza regolare con l’economista Frederic Clairmonte, che scrive per Le Monde Diplomatique.
Come esperto della loro storia, qual è il futuro dei movimenti per la pace negli USA a suo parere?
Credo che il movimento per la pace stia crescendo e continuerà a crescere, perché il fallimento della “guerra al terrorismo” e delle bugie ad essa associate diventano sempre più evidenti per l’opinione pubblica americana.
(trad. a cura di Giulia Beretta)
* Questa intervista inedita è pubblicata su gentile concessione del Centro universitario di studi e ricerche per la pace di Trieste che ringraziamo e che può essere contattato a questo email.