[Articolo tratto dal settimanale anarchico Umanità Nova].
La sfilata armata del 2 giugno è ormai una funerea tradizione. Seguito a non capire perché si debba festeggiare il passaggio dalla monarchia alla repubblica mandando carri armati e truppe a marciare tra le rovine romane, ma tant’è. Di diverso dagli anni precedenti c’è da segnalare l’ennesimo episodio di revisionismo storico attuato facendo sfilare (con la scusa delle uniformi “storiche”) il carro armato usato dalla truppe fasciste ad El Alamein, i “maiali” usati dalla X MAS ed altre uniformi e mezzi militari in uso nell’Italia colonialista e fascista.
La continuità tra l’esercito fascista e colonialista italiano e quello attuale è stata da noi denunciata in relazione ai crimini commessi oggi in Iraq e in Afganistan e ieri in Somalia e in Albania. Ormai è tranquillamente rivendicata da questi signori. L’anno prossimo, probabilmente, chiameranno “Via dei Fori Imperiali” con il vecchio nome fascista di “Via dell’Impero”.
Per ricordare a tutti cosa fosse il fascismo la questura di Roma ha deciso di compiere un’operazione in perfetto stile “ventennio”.
Era stata convocata, contemporaneamente alla sfilata, una manifestazione antimilitarista che ha visto la partecipazione di qualche centinaio di compagni.
La manifestazione non si proponeva una contestazione “diretta” della sfilata, si sarebbe svolta ai margini della zona interessata ed anche la piattaforma di convocazione non era certo delle più estreme, tanto da vedere una folta partecipazione di politici di Rifondazione (alcuni anche con incarichi istituzionali) ed una scarsa partecipazione di compagni libertari.
Pochi metri dopo la partenza del corteo l’elicottero della polizia segnalava in questura la presenza di uno striscione riportante lo slogan “Pisanu: vergogna della repubblica. Chiudere i lager CPT”.
Dalla questura partiva l’ordine di far chiudere lo striscione. Il corteo veniva bloccato dalla polizia a quattrocento metri dalla partenza.
I manifestanti rifiutavano di subire il sopruso e, dopo un’ora di blocco del corteo, preferivano girare i tacchi e tornare al punto di partenza.
In quel momento è partita una carica, violenta ed inaspettata, che ha portato al ferimento di quattro manifestanti (uno – Gualtiero Alunni, assessore nell’VIII municipio – in modo grave) ed al fermo di un compagno, fortunatamente rilasciato dopo qualche ora.
Sia la richiesta di rimuovere lo striscione, sia la successiva carica non sono avvenute in conseguenza di dinamiche di piazza, ma dietro una precisa richiesta della Questura centrale, probabilmente imbeccata dal Ministero degli interni.
Evidentemente questa lotta contro i CPT tocca un nervo scoperto.
A Lecce, su sollecitazione dello stesso ministro, è stato usato il 270 bis contro i compagni che avevano fatto meritoria opera di denuncia dell’operato di Don Cesare Lo Deserto, gestore del lager “Regina Pacis” e sfruttatore di donne immigrate. A Roma è arrivato a far bastonare un assessore municipale che lo criticava.
Sulla gestione dei CPT il ministro degli interni è in evidente difficoltà. Questi centri violano diverse convenzioni internazionali (sottoscritte dall’Italia) sui diritti dell’uomo e sul diritto d’asilo, visto che vi vengono detenuti uomini e donne con l’unica colpa di essere nati in un altro paese, per poi espellerli senza neanche consentirgli la richiesta dell’asilo politico. Sta emergendo la loro gestione clientelare, spesso affidata alla chiesa. Il ministro, nonostante la condanna dell’Europa per il mancato rispetto delle convenzioni, ha deciso di farne il cardine (insieme alle deportazioni in Libia) della politica migratoria italiana.
Da questo nasce la “vergogna” e il tentativo di tenere tutto sotto silenzio con galere e manganelli.
* Articolo tratto dal settimanale “Umanità Nova” numero 21 del 12 giugno 2005, Anno 85