di Marco Cedolin
Sarebbe cosa facile scagliarsi a spada tratta, come hanno fatto in molti, contro l’emendamento in materia di tortura proposto dalla sconosciuta onorevole leghista Carolina Lussana e poi votato a sorpresa dalla maggioranza dei deputati presenti in aula. Sarebbe facile dicevo inveire contro una Lega allo sbando che vezzeggia per fini elettorali i più bassi istinti degli italiani dando loro la possibilità di trasformarsi in tanti Torquemada o impolverati personaggi da selvaggio West. Ma attribuire solo al becero istrionismo leghista il continuo spregio dei diritti dell’individuo al quale stiamo assistendo ormai da parecchi anni sarebbe atteggiamento ipocrita, semplicistico e inadeguato a una lettura obiettiva della realtà. In primo luogo non ci si può astenere dal domandarsi per quale arcana ragione nel codice penale di uno stato come quello italiano che viene classificato una democrazia civile non sia stato contemplato fino a oggi il delitto di tortura inteso nella sua ampia accezione di violenze fisiche e morali.
Sicuramente la nostra civiltà figlia del denaro assurto a monovalore assoluto non avrebbe mai permesso che dal codice penale mancassero delitti quali il furto con scasso, la rapina a mano armata o la falsificazione di valuta, essendo i delitti contro il patrimonio giudicati tutto sommato molto più gravi di quelli contro la persona…
Proprio nell’ottica dello scarso rispetto per i diritti dell’individuo da parte di una cultura che ha ormai sostituito alla centralità della persona quella dei beni materiali, vanno letti non solo l’emendamento della patetica Lussana ma anche tutto quell’insieme di norme e regole che a vario titolo stanno contribuendo alla creazione di uno stato di polizia, limitando giorno dopo giorno i diritti e la privacy di tutti noi.
Asserire che la torture fisiche e morali siano un delitto solo allorché reiterate, così come ha fatto buona parte della maggioranza di governo, giustificando poi il proprio operato come atto inteso a salvaguardare l’operato delle forze di polizia, appare già di primo acchito una presa di posizione sciagurata messa in atto nel maldestro tentativo di dare una patente di legalità a quella becera feccia di criminali in divisa che si sono prodotti fino ad oggi in prevaricazioni e vessazioni di ogni genere.
I giovani minacciati, insultati e gettati in ginocchio nelle turche lerce d’urina, i manifestanti rapiti proditoriamente dai letti di ospedale, i piercing strappati con violenza, le ragazze costrette a spogliarsi nei cessi delle caserme, manganellate ed etichettate come “puttane comuniste” i no global disarmati della scuola Diaz picchiati selvaggiamente a sangue senza ragione, i coltelli e le bottiglie molotov depositate con la funzione di false prove sul luogo delle proprie nefandezze dai tutori dell’ordine, sono solo alcuni esempi di quale è stato spesso negli ultimi anni l’operato delle forze di polizia, prima a Napoli durante il governo del centrosinistra, poi a Genova quando già governava Berlusconi.
È per difendere questi signori e non certo i carabinieri e poliziotti onesti che rispettano la legge che la maggioranza di governo ha votato un emendamento che si pone in netto contrasto con i trattati internazionali e la convenzione ONU in materia di tortura.
E non si tratta solo dell’improvvisazione di una Lega in cerca di voti, bensì del frutto di una scuola di pensiero ispirata alla repressione ed al controllo. Oltre alla tortura, legale se praticata una volta sola, ci sono la nuova legge sulla legittima difesa, il decreto Urbani e quello denominato “grande fratello” (per ora scongiurati ma fino a quando?) le nostre città invase dalle telecamere, i nuovi documenti con tanto d’impronte digitali e scansione digitale del volto. Chi sei? Dove vai? Che cosa fai? Quante domande fra le parole democrazia e libertà.