È passato molto in sordina sui mass media italiani, pressoché ignorato dai Tg e compresso in spazi microscopici da molti giornali, un sondaggio svolto dalla prestigiosa Gallup tra la popolazione irachena per fotografarne la percezione del quadro in cui vive e per verificare lo stato dei miglioramenti materiali che tanto vengono sbandierati da chi ha voluto questa guerra e si ostina tragicamente a difenderla (in testa il premier italiano Berlusconi, dal quale tra l’altro attendiamo da giorni parole chiare sulla vicenda delle torture in Iraq). Secondo il sondaggio d’opinione, condotto in sedici province irachene, il 71 per cento degli iracheni considera i soldati americani una «forza di occupazione».
Il 57 per cento degli intervistati (il 75% a Baghdad), quasi 3500 iracheni, ha espresso il desiderio che le truppe americane e britanniche «lascino immediatamente» il paese. Un desiderio che aumenta anche tra la cittadinanza americana:ora, secondo un sondaggio diffuso dal New York Times, solo il 47 per cento degli americani giustifica la guerra.
In Iraq le interviste della Gallup sono avvenute tra la fine di marzo e l´inizio di aprile nelle abitazioni delle persone interpellate.
La maggioranza degli iracheni (53 per cento) ammette che si sentirebbero meno sicuri con la partenza delle truppe Usa ma è un rischio che sembrano disposti a correre. Molti accusano le truppe Usa di cattiva condotta (57 per cento) e due terzi degli intervistati (il 67 per cento) sono convinti che gli americani non abbiano fatto alcuno sforzo per evitare che i cittadini iracheni innocenti fossero feriti o uccisi durante gli scontri a fuoco.
Per la maggioranza (61 per cento), le sofferenze causate dalla guerra sono più che controbilanciate dalla caduta di Saddam Hussein.
Ma è un sentimento che varia con la appartenenza etnica, religiosa o geografica: i curdi sono entusiasti (97 per cento), gli Sciiti molto contenti (74 per cento), gli abitanti di Baghdad positivi (57 per cento), i sunniti decisamente scontenti (solo 28 per cento esprime soddisfazione).
La domanda se l´Iraq sia in migliori condizioni oggi rispetto a prima dell´invasionespacca il campione a metà: il 42 per cento pensa che si stia meglio, il 40 per cento pensa che si stia peggio. E se la maggioranza netta condanna gli attentati contro civili o poiziotti iracheni, il 61 per cento giustifica gli attacchi alle forze della coalizione.
Il sondaggio ha misurato anche il mutamento nelle condizioni di vita degli iracheni e ha rilevato, in sostanza, che non ci sono stati miglioramenti rilevanti né per l´approvvigionamento alimentare (prima della guerra penuria per l´11% della popolazione, ora per il 16%) né per quelli elettrico (migliorato però nell´ultimo mese) e idrico. Aumenta, invece, il senso d´insicurezza: prima della guerra il 10% aveva paura a uscire la notte, ora il 60% (il 90% a Baghdad).
Insomma, sembra di intendere che la fine dell’aguzzino Saddam è accolta con sollievo, ma che le aspettative di costruzione di una convivenza civile e autonoma sono state pesantemente disattese dal regime di occupazione che ha usato il pugno duro (colpendo spesso anche i civili) e ha procastinato il passaggio di poteri agli iracheni (che non avverrà nei fatti neanche dopo il 30 giugno), favorendo probabilmente in questo modo la progressiva diffusione di un sentimento di ostilità verso la coalizione.