(Riceviamo e volentieri pubblichiamo)
di Michele Speca
Ci sono dei diritti che, secondo me, sono inalienabili ed incancellabili da qualunque carta costituzionale di Paesi che si professano “democrazie”: diritto alla vita, alla libertà, all’uguaglianza, alla dignità.
Scrivo una breve cronistoria di una legge entrata in vigore nel 2002, attuata dal nostro governo: quella sull’immigrazione. Succo di tale documento: un immigrato avrà il permesso di soggiorno solo se lavora (nello stesso modo in cui un paio di scarpe viene utilizzato finché regge la suola, per capire meglio il fine ragionamento).
Questa legge nell’ottobre 2002 è stata definita “incostituzionale” dal pubblico ministero di Firenze perché violava gli articoli 2 (solidarietà politica, economica e sociale), 3 (uguaglianza) e 27 (presunta innocenza fino alla condanna) della Costituzione italiana; nel gennaio 2003 la Cassazione la definisce una legge “anti-solidale ed esclusivamente repressiva”; nell’aprile 2004 i giudici di Roma e Parma la dichiarano “illegittima” e in contrasto con l’articolo 13 (libertà personale) della nostra Costituzione; nel giugno 2004 tale ordinamento si scopre essere anche “inefficace” perché pretendeva che reati normalmente sanzionati con contravvenzioni fossero invece puniti con la carcerazione… risultato: i clandestini sono tuttora clandestini; e pochi giorni fa la Corte Costituzionale giudica questo capolavoro di normativa nuovamente “incostituzionale”, poiché viola gli articoli 3 e 13 della nostra Carta: una persona non può essere espulsa dal Paese senza diritto di difesa o senza un processo con contraddittorio…
Questa è una legge emanata dal nostro Parlamento, meglio conosciuta come “Bossi-Fini”. Mai mi sarei immaginato nella mia vita di vedere qualcosa firmato assieme da questi due esponenti del governo, se non qualche pezzo utile giusto come carta da parati; due politici che – fino a pochi mesi fa (e probabilmente ancora oggi) – si chiamavano tramite insulti e toni tutt’altro che amichevoli. Al limite questa legge, stando ai loro appellativi, si poteva chiamare “Indecente – Squadrista”. E mai i loro stessi aggettivi sarebbero stati tanto azzeccati per l’occasione.
Ma tant’è, ho visto pure questa. E – in fin dei conti – non c’è da stupirsi più di tanto se hanno fatto una norma che regola un argomento tanto delicato come quello degli immigrati, che si commenta da sola. Ma mai e poi mai mi sarei aspettato che qualcuno si potesse permettere di prendere in giro e sopraffare la nostra Costituzione – credendo di vivere in un Paese democratico e civile. Credevo, appunto.
Evidentemente un’altra illusione è svanita.
Michele Speca
Centro Khorakhanè – Lecco
Bossi-Fini, cronistoria di una legge repressiva
Categories: